Fosse ancora vivo Francesco Rosi, ne avrebbe sicuramente girato un seguito de “Le mani sulla città”, perchè la storia della scomparsa, ma più onestamentte bisognerebbe parlare della presa del Banco di Napoli, è sicuramente un avvenimento da film.
Più modestamente ma anche più rigorosamente e scientificamente, da questa vicenda ne è stato tratto un libro a cura d Andrea Rey, giovane ma preparatissimo ricercatore di Economia Aziendale della Federico II, intitolato “La scomparsa del Banco di Napoli”, presentato questa mattina alla Fondazione Banco di Napoli, in una sala non solo gremita ma anche sinceramente appassionata anche perchè direttamente o indirettamente coinvolta nelle vicende che hanno visto scomparire la prima banca in Italia (anteriore anche al Monte dei Paschi di Siena) che obbediva ai principi di mutualità e solidarietà dei banchi pubblici, introducendo anche istituti innovativi come la moneta fiduciaria.
L’incontro, moderato con passione da Nando Santonastaso, responsabile economia de Il Mattino, dopo i saluti dell’Avv. Orazio Abbamonte, Presidente della Fondazione Banco di Napoli, ha visto succedersi gli interventi del Prof. Adriano Giannola, ordinario di Economia Bancaria alla Federico II ed ex Presidente della Fondazione, della Prof.sa Marilena Rispoli Farina, Ordinaria di Diritto Commerciale e Bancario della Federico II, di Roberto Maglio, ordinario di Economia Aziendale alla Federico II, oltre che dell’autore.
Nel corso dell’incontro sono state ripercorse le fasi che hanno portato prima all’acquisizione del Banco di Napoli da parte di BNL, poi alla creazione della “bad bank”, poi definita “not so bad bank”, la cosiddetta Sga, che si accollava tutte le presunte sofferenze, che in realtà sofferenze non erano, visto che sono state in grandissima parte recuperate, fino alla “asta competitiva”, che poi così competitiva non era, che a portato all’acquisizione del Banco di Napoli da parte dell’allora Sanpaolo-IMI (poi Intesa Sanpaolo), ad un prezzo a dir poco fuori dalla logica di mercato.
Ne esce fuori un preciso disegno di intento predatorio, che voleva che le banche del Sud salvassero quelle del Nord, con responsabilità precisee da parte della classe politica dirigente all’epoca ed un solo strenuo difensore della realtà bancaria del Sud, il professor Gustavo Minervini, lasciato solo dalla politica nazionale e locale (decapitata peraltro dalla stagione di tangentopoli).
Ma non sono mancati riferimenti alla politica sovranazionale, alla costituenda Unione Europea ed al ruolo del suo primo presidente Delors, come evidenziato dal lucidissimo intervento di Raffaele Perrone Capano, già Ordinario di Diritto Finanziario e Tributario alla Federico II.
Un libro dunque che vale la pena di leggere, una storia che vale la pena di tramandare e di approfondire.