Viaggio nella Napoli di ieri e di oggi attraverso i brani di Pino Daniele che continuano a parlarci del presente.
Le più “carte sporche” di una città amata e criticata senza mai perdere la speranza nel cambiamento.
Il racconto dei luoghi, sospesi tra colera e terremoto, in cui lo straordinario artista trova ispirazione per le prime, intramontabili canzoni di sferzante denuncia. Poi, momento per momento, lo storico concerto del 1981 con duecentomila giovani arrabbiati e sognanti, ma anche le molte delusioni patite in una metropoli rivelatasi troppo spesso matrigna, motivo per cui Pino Daniele sceglie di allontanarsi e ora le sue ceneri sono custodite a Magliano in Toscana.
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Omaggio a un poeta della modernità, che sognava di tornare nei suoi vicoli, “a casa di mammà”, come spesso ripete sulla spiaggia di Sabaudia durante brevi ma intensi dialoghi con l’autore. Finalmente in una Napoli libera e non più illuminata da un “sole amaro”, luogo in cui un musicista ventiquattrenne, Giovanbattista Cutolo, detto Giogiò, viene ucciso senza un perché. Muoveva i primi passi della carriera proprio negli stessi vicoli in cui è partita la straordinaria avventura umana e artistica del “Mascalzone latino” che in Faccia Gialla si rivolge a San Gennaro, preghiera laica per chiedere al Santo patrono di liberare la propria terra dalla camorra. Brano scritto nel 1989 quando Daniele intuisce la deriva, anche culturale, della sua città.
Pino, simbolo intramontabile di più generazioni poi tradite dalla politica e forse sconfitte dalla storia, ma che non smettono di credere che Arriverà l’aurora. |