“Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna”.
Ernest Miller Hemingway, Il vecchio e il mare
Marlin, una storia cubana, edito da Graus Edizioni per la collana Tracce, è un libro ad alta valenza simbolica, la metafora di un viaggio interiore il cui approdo finale è da rintracciarsi nell’incontro con se stessi e nella consapevolezza che da questo incontro viene. L’autore, Attilio D’Arielli, muove una precipua denuncia all’intervento indiscriminato dell’uomo sulla natura, all’inquinamento ambientale, alla pratica barbara della caccia alle balene. Un’opera di sensibilizzazione su temi di grande attualità, dunque, e che pure non passa attraverso la narrazione aggressiva dei fatti; al contrario, si avvantaggia di un racconto caratterizzato da una forte componente empatica che consente di veicolare efficacemente il senso nodale del racconto.
Il volume
Marlin è un pesce pelagico oceanico e la sua storia è la storia di una peregrina navigazione alla scoperta della vita che sta dentro e che sta fuori. Nuotando, egli si sposta tra il Mondosuperiore, il Suomondo e il Mondoscuro, tre luoghi fisici e allegorici insieme. Il Mondosuperiore è il mondo che sta Sopra, immediatamente oltre la superficie acquatica; è lo spazio del cielo, della dimensione aerea, volatile e per questo irraggiungibile. Il Suomondo, invece, è il mare, che egli attraversa e dal quale si lascia attraversare. Il Mondoscuro, in ultimo ma non da ultimo, è la costa, la terraferma popolata da strani Esseri, gli uomini, con i loro paradigmi esistenziali e quell’odore di morte che Marlin nitidamente avverte quando naviga fiancheggiando la cordonatura, il litorale, o quando le creature umane tentano di invadere e inquinare l’integrità della regione marina. Un giorno, durante una battuta di caccia, Marlin incontra Bella, la sua compagna; a seguito di questo amoroso assise egli esperisce la logica dei sentimenti e della perdita, quando Bella, abbrancata ferocemente da un mako, esala l’ultimo respiro. Marlin comincia allora a nuotare in direzione del Sud Africa, mosso da una spinta atavica, febbrile, che lo orienta, lo governa, lo dirige; la stessa spinta che i pesci della sua specie avevano avvertito, e assecondato, milioni di anni prima. Mostri baluginanti e dolcissime megattere, alghe e correnti, tempeste e sversamenti di prodotti petroliferi concorreranno a segnare, di concerto, il pellegrinaggio di Marlin verso il golfo antistante la costa dell’isola caraibica di Cuba – tappa finale del suo viaggio –, fino al giorno in cui il Dio dei pesci – l’amo, l’uomo – ferocemente lo afferra.
“La conoscenza, è forse diversa la strada per la conoscenza in un grande pesce? È lo stesso percorso del prendere coscienza di sé? È lo stesso sentiero da fare per prendere coscienza delle cose che ci circondano? Della realtà del fuori? Ma allora, un grande pesce può arrivare all’Io?” scrive Attilio D’Arielli in un passo cardinale dell’opera. Il parallelismo di senso con Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach si configura quale conseguenza naturale e diretta, giacché, esattamente come Jonathan, anche Marlin obbedisce alla propria legge interiore, osservando il mondo che lo circonda con occhi vigili e interrogandosi sul significato dell’esistenza. Il libro fu depositato in SIAE nel lontano 2006: Prima di Hemingway è uno dei titoli cui, originariamente, l’autore pensò in ordine alla più nota opera dello scrittore statunitense, cui D’Arielli rende omaggio. «Da bambino, leggendo Il vecchio e il mare, avrei voluto non finisse mai. Così, da adulto, ho provato a farlo rivivere, a ricrearne una parte, per quanto possibile, e forse ho realizzato un piccolo sogno» dichiara. Come per lo storico racconto di Hemingway, anche in Marlin, una storia cubana emerge il tema del panismo, la partecipazione lirica dell’uomo, dell’autore in questo caso, all’anima della natura e ai suoi abitanti, che tanto gli sono cari. In linea con le due considerazioni sopracitate, la prefazione curata da Paolo Iacovelli spiega: “Animato da pura coscienza ecologica, [Attilio D’Arielli, n.d.r.] scrive il seguito, meglio, il prima, di quella che è stata definita una delle più belle storie del mare. In un percorso a ritroso nel tempo, ripercorre l’odissea del pesce più famoso della letteratura internazionale, proprio quel marlin che rese celebre il racconto di Hemingway”.
L’autore
Attilio D’Arielli è nato a Viterbo, il 18 dicembre del 1959. Storico dell’ambiente, palombaro, videofotografo subacqueo, ha collaborato con la Guida Monaci, come consulente per le dinamiche ambientali. Dal 2009 al 2014 è stato relatore no profit nelle scuole relativamente ai concetti di perdita di biodiversità e di estinzione. Nel 2013, nella Regione Lazio, viene premiato come editorialista. Da sempre si occupa di mare e di ambiente e negli anni ha visto pubblicare due libri: Lettere dagli abissi, edito da Libreria internazionale il Mare, nel 2005; Marlin, una storia cubana, edito da Aletti Editore di Altre Sembianze S.r.L., (prima edizione marzo 2008).