Lutto nel cinema, morto a 88 anni Alain Delon, fu lanciato da Luchino Visconti

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E’ morto Alain Delon. L’attore, icona del cinema mondiale, aveva 88 anni. La notizia è stata data dai tre figli dell’artista. Nato nel nord della Francia, a Sceaux, l’8 novembre 1935, l’artista da tempo soffriva di problemi di salute. “Rocco e i suoi fratelli” e “Il Gattopardo” tra i film della consacrazione.

“‘Monsieur Klein’ o ‘Rocco e i suoi fratelli’, ‘Il Gattopardo o ‘Frank Costello faccia d’angelo’, Alain Delon ha interpretato ruoli leggendari e ha fatto sognare il mondo. Prestando il suo volto indimenticabile per stravolgere le nostre vite. Malinconico, popolare, segreto, era più che una star: era un monumento francese”, il commento su X del presidente francese Emmanuel Macron ricordando il grande attore scomparso.

Alain Delon, il più talentuoso e affascinante degli attori francesi, si era imposto sulla scena internazionale negli anni Sessanta alla scuola del regista Luchino Visconti, che aveva messo in luce il carattere ambiguo della sua bellezza nei capolavori “Rocco e i suoi fratelli” e “Il gattopardo”. “Quando dico che sono francese di nascita e italiano di cuore è perché la mia vita professionale è iniziata qui in Italia”, amava ripetere Delon nelle tante interviste concesse ai media italiani per ricordare i suoi inizi sfolgoranti di carriera.

Alternando nel corso di tutta la sua carriera il cinema d’autore – a partire da “L’eclisse” di Michelangelo Antonioni dove affiancò Monica Vitti – a quello commerciale, Delon in patria fu diretto da registi quali René Clement, Jean-Pierre Melville e Jacques Deray che ne fecero risaltare lo sguardo freddo e cinico, in contrasto con il suo volto angelico, rendendolo anche l’interprete ideale dell’antieroe noir di molti polizieschi.

 

Per Melville fu il mafioso italoamericano Frank Costello in “Frank Costello faccia d’angelo”; dette il suo volto al gangster Roger Startet ne “Il clan dei siciliani” di Herny Verneuil e a “Zorro” nel film di Duccio Tessari. Nel 1995 al Festival di Berlino, arrivò il meritato riconoscimento al suo talento: l’Orso d’oro alla carriera, mentre solo nel 2019 il Festival di Canne gli ha conferito la Palma d’oro alla carriera; e nel frattempo, nel 2012, gli era stato assegnato il Pardo alla carriera al Festival di Locarno.

Fu il regista italiano a consentire al 25enne Alain Delon, agli inizi della carriera, di lasciar affiorare una complessità interpretativa che lo impose all’attenzione quando lo diresse magistralmente nel film “Rocco e i suoi fratelli” (1960), opera in cui lo spirito neorealista si fonde con le cadenze del melodramma. Delon rese perfettamente l’introversa malinconia del giovane protagonista, Rocco Parondi, un figlio del Meridione immigrato a Milano, proletario dall’animo ‘viscontianamente’ nobile, ma destinato, per la sua eccessiva mitezza, a risultare un perdente.

Dramma popolare in bianco e nero, con i toni della tragedia greca, interpretato da Delon e Claudia Cardinale, “Rocco e i suoi fratelli” fu ispirato al romanzo “Il ponte della Ghisolfa” di Giovanni Testori. Una povera vedova, Rosaria, lascia in treno, con i suoi quattro figli, il paese della Lucania in cui è nata, per trasferirsi a Milano, dove vive il figlio maggiore, Vincenzo. Questi non può fare molto per la famiglia, ma riesce ad introdurre i fratelli nel mondo del pugilato. Simone, il più ambizioso, si dedica con fervore alla nuova professione, ma dopo un promettente inizio, finisce per frequentare ambienti poco raccomandabili. Rocco invece trova lavoro in una lavanderia, Vincenzo ottiene un impiego saltuario, Ciro diventa un operaio specializzato, e Luca, il più piccolo, si industria per guadagnare anche lui qualche soldo. Simone ha una relazione con Nadia, una prostituta che dopo qualche tempo finisce in prigione. Rocco la ritrova nella piccola città di provincia dove presta servizio militare: tra i due germoglia un sincero affetto, e, tornati entrambi a Milano, fanno progetti di matrimonio. Ma anche Simone è innamorato di Nadia, e avendola sorpresa col fratello, reagisce con violenza.

Il film di Visconti vinse il Premio Speciale della Giuria alla 21esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 1960, il Nastro d’argento 1961 come Miglior film, Migliore sceneggiatura e Migliore fotografia, il Globo d’oro per il Miglior film 1961. E il David di Donatello 1961 andò al produttore Goffredo Lombardo.

Alain Delon è stato quindi l’indimenticabile Tancredi Falconeri, nipote prediletto di don Fabrizio Corbera, principe di Salina, nel capolavoro “Il Gattopardo” (1963) di Luchino Visconti, che rappresenta uno dei matrimoni più riusciti di sempre fra cinematografia e letteratura.

Pubblicato postumo nel 1958, l’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è una storia grandiosa e potente che Visconti portò sul grande schermo con eccezionale forza visiva e qualità di movimento. Maggio 1860: Garibaldi è appena sbarcato in Sicilia, e il principe di Salina, don Fabrizio Corbera, assiste al trapasso dell’aristocrazia borbonica e all’avvento del Regno ‘Italia e di un nuovo mondo borghese.

Palma d’oro a Cannes, l’ambizione del progetto di Visconti è incarnata anche dalla scelta degli interpreti, con Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale e Paolo Stoppa per i quali “Il Gattopardo” diventerà un’opera paradigmatica e memorabile. (AdnKronos)

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