“Il 2 aprile il mondo si tinge di blu e la diversità si tinge di normalità, perché, in fondo, tutti, nel nostro comune vivere quotidiano, abbiamo qualcosa di diverso rispetto agli altri”. È il pensiero del professore di Scienze Umane e filosofo, Marco Francesco Eramo, in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo.
“Si tratta di un disturbo del neurosviluppo che comporta una serie di difficoltà che vanno dalla comunicazione alla mancanza di interazione sociale, passando per l’incomprensione del pensiero altrui ed i deficit cognitivi – spiega Eramo -. A queste difficoltà, si aggiunge, in alcuni casi, anche la mancanza di linguaggio verbale che porta il soggetto autistico ad esprimersi con gesti o movimenti facciali per lo più stereotipati e ripetitivi”.
Una giornata che si tinge di blu, qual è il motivo della scelta di tale colore? “Nel 2007, quando le nazioni unite decisero di istituire la giornata della consapevolezza dell’autismo, i promotori spiegarono che il blu ha il potere di risvegliare il senso di sicurezza ed il bisogno di conoscenza – approfondisce lo studioso -. Sono queste le due maniere attraverso le quali si vuole arrivare a rendere l’autismo un modo di vivere più vicino alla normalità: la sicurezza intesa non solo come la possibilità, nel presente, di vivere una esistenza libera ed allo stesso tempo protetta, sia per gli autistici che per i loro familiari, ma anche come sicurezza del futuro. L’incubo che scandisce la vita quotidiana delle madri e dei padri degli autistici é quello che accadrà quando loro non ci saranno più. È il cosiddetto incubo del dopo di noi. Un problema molto sentito e sul quale il governo italiano non sembra ancora dare delle giuste risoluzioni”.
Conoscenza dell’autismo che è ancora un grande limite sociale: “I cittadini non sanno regolarsi quando hanno a che fare con un Autistico (l’autismo non é contagioso) e la ricerca scientifica sulle cause del disturbo sono ancora in stadi poco avanzati – afferma Eramo -. In Italia, la sindrome dello spettro autistico colpisce 1 bambino ogni 77, con un rapporto di 4 a 1 tra maschi e femmine. In totale si calcola che circa 300mila convivano con la patologia nelle sue variegate forme, ovvero lievi, moderate e gravi. Per questa ragione l’autismo é ora chiamato disturbo dello spettro Autistico.
I primi sintomi si presentano nell’età prescolare, ossia nei primi tre anni di vita. Una diagnosi precoce diventa fondamentale per poter intervenire in maniera efficace sulle diverse forme di compromissione o di diversità di funzionamento. La prima diagnosi la fa la mamma, la persona più vicina al bambino, che si accorge che qualcosa non va quando il figlio durante l’allattamento non fissa i suoi occhi, non si gira quando lo chiama, non é motivato dalla passione per il gioco e tende sempre ad isolarsi, chiudendosi in un mondo tutto suo privo di ogni meccanismo di azione e reazione. Solo allora la mamma riferisce le anomalie al pediatra che farà poi le opportune visite e diagnosi più dettagliate. Con il passare del tempo si riscontrano sintomi più specifici come l’ipersensibilizzazione nei confronti dei rumori e dei suoni, movimenti del corpo ripetitivi come dondolio, autostimolazione o battito di mani. Si possono avere anche risposte insolite alle persone, attaccamenti agli oggetti, resistenza al cambiamento nella loro routine con stati di aggressività ed autolesionismo. A volte le persone con sindrome dello spettro Autistico possono sembrare non notare altre persone, oggetti o attività nell’ambiente circostante. Alcuni bambini possono anche sviluppare crisi epilettiche. In alcuni casi questi attacchi possono essere inizialmente assenti, per poi verificarsi in adolescenza. Le cause di questa complessa patologia risultano ancora ad oggi poco chiare: qualcuno attribuisce la causa insorgente della patologia al vaccino tetravalente. Ma allo stato attuale non si hanno conferme scientifiche in merito. Altri ancora considerano l’ autismo come il risultato di un rapporto freddo, privo di affetti e di coccole, che il bambino instaura con la mamma nei primi anni di vita. Nell’ambito della psicologia, lo stesso Bruno Bettelheim, con l’intento di formulare una ipotesi in merito al perché dell’autismo, parlò della metafora della fortezza vuota. Secondo le sue teorie, la causa dell’autismo andava ricercata nell’atteggiamento delle madri: troppo fredde ed insensibili ai bisogni del bambino. Queste madri “frigorifero” generavano nei bambini l’idea che non avrebbero potuto influenzare il mondo circostante, costringendoli a ritirarsi in una sorta di fortezza vuota. Al di là delle reali cause, l’autismo rimane un problema evidente e sempre più presente nel collettivo quotidiano. La giornata del 2 aprile serve a farci avere un’idea più chiara dell’impatto sociale che questa patologia ha nella vita di tutti noi. Non possiamo praticare l’indifferenza. Le persone autistiche – conclude – hanno bisogno di sentirsi accettate e di vivere in sintonia con il nostro mondo attraverso i loro limiti”.