«La ricerca farmaceutica ha portato negli ultimi anni a risultati incredibili per la cura della maculopatia senile e molto presto avremo a disposizione farmaci che daranno ai nostri pazienti nuove opportunità».
A dirlo è lo specialista Mario Sbordone, primario di Oculistica del Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli (Napoli). Proprio il Santa Maria delle Grazie è ormai da tempo un Polo d’eccellenza nel trattamento di queste patologie, che in Campania (come nel resto d’Italia) sono molto diffuse e spesso diagnosticate in ritardo. La patologia alla quale Sbordone si riferisce è la degenerazione maculare senile (AMD), malattia che sta progressivamente assumendo delle proporzioni socialmente importanti.
Basti pensare che nei Paesi industrializzati è la causa più frequente di cecità legale al di sopra dei 55 anni. Secondo l’OMS il 41% dei casi di cecità (anche solo parziale) e di ipovisione che si verificano in questi Stati è dovuto proprio all’AMD, che colpisce circa 30 milioni di persone nel mondo. In Italia i pazienti con segni iniziali di maculopatia senile sono più di 800.000. «Si tratta di una malattia degenerativa – chiarisce Sbordone – quindi invalidante per una fetta crescente di pazienti prevalentemente dai 60 anni in su, che progressivamente passano da una visione normale ad una distorsione delle immagini fino a perdere la cosiddetta visione centrale, cioè la percezione del dettaglio centrale dell’immagine, conservando la visione delle parti periferiche di essa». Fino a 10-15 anni fa non esistevano terapie, oggi lo scenario sta radicalmente cambiando.
«Le due innovazioni che probabilmente impatteranno in modo più significativo sul panorama così vasto delle maculopatie – dice Sbordone – ce le offre un’altra azienda, che da una parte, terminate le relative procedure di approvazione introdurrà un farmaco veramente innovativo: il faricizumab, in grado di agire su due fenomeni biochimici diversi alla base dello sviluppo della malattia, non più su uno soltanto, con una efficacia sicuramente superiore; e dall’altra propone un diverso sistema di somministrazione e rilascio dei farmaci intravitreali. Si tratta di un impianto oculare permanente ricaricabile, delle dimensioni approssimativamente di un chicco di riso, inserito chirurgicamente nell’occhio, che rilascia lentamente nel vitreo (nell’arco di 6 mesi circa) una formulazione personalizzata di Ranibizumab. L’impianto può essere riempito ripetutamente e quando sarà approvato, potrebbe rappresentare un approccio terapeutico unico nel suo genere, offrendo alle persone che convivono con la maculopatia, un’alternativa alle frequenti iniezioni intravitreali». Se questo è il futuro, armi efficaci sono farmaci come il ranibizumab, che di recente è stato “manipolato chimicamente” con l’obiettivo di ridurre le dimensioni della molecola, dando vita al “brolucizumab”. Anche per le maculopatie, il Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, come detto, è un punto di eccellenza grazie al continuo aggiornamento che il dottor Sbordone imprime al suo reparto. «Questo “frammento molecolare” del farmaco precedente – chiarisce lo specialista – ha dimostrato una maggior capacità di penetrare nell’intimo delle cellule retiniche, esercitando non soltanto una maggiore efficacia nel controllare l’evoluzione dei fenomeni alla base della maculopatia, ma anche promettendo intervalli più lunghi tra una somministrazione e la successiva, con un evidente miglioramento della qualità della vita dei nostri pazienti. L’azienda produttrice dell’altra molecola che stiamo usando da tempo, l’aflibercept, sta per introdurre sul mercato lo stesso farmaco ma a concentrazione 4 volte superiore, avendo questa dimostrato di poter allungare sensibilmente l’intervallo di tempo tra le somministrazioni senza naturalmente indurre effetti indesiderati dovuti alla sua maggior concentrazione».