Sanità, De Luca: non tollereremo commissariamento oltre novembre. Il convegno Anmdo-Card.

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, durante il forum ANSA, Roma, 27 giugno 2019. ANSA/ETTORE FERRARI
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«Siamo stati commissariati perché siamo stati degli irresponsabili, questo vale per i partiti di centro, la destra e la sinistra».

Il presidente della Giunta Regionale della Campania Vincenzo De Luca ha aperto così il suo intervento al VII convegno nazionale Anmdo-Card sul tema dell’appropriatezza nel servizio sanitario nazionale, condivisione di strategie tra ospedale e territorio. Aggiungendo che ora la Campania ha le carte in regola sui conti e sui LEA.

«Non tollereremo – ha aggiunto – che il commissariamento della sanità campana vada oltre il mese di novembre». «Dobbiamo parlare un linguaggio verità – ha detto senza remore – perché non si accumulano 9miliardi di debiti per caso. E siamo stati commissariati, assieme ad altre Regioni, perché avevamo un bilancio che rischiava di affossare quello dello Stato. E’ evidente che a quel punto ci è stato imposto uno stop. Il commissariamento «è stato colpa nostra» e di base «c’era un uso politico della sanità, in base al quale i primari erano scelti per l’appartenenza politica e non per merito. De Luca ha anche evidenziato che «dieci anni di commissariamento hanno impoverito le risorse umane – ha aggiunto – hanno significato fuga da territori, lassismo generale. Abbiamo lavorato con13.500 dipendenti in meno e strutturalmente 300 milioni di euro in meno del riparto del fondo nazionale. Ora possiamo aprire una seconda fase – ha assicurato – quella che io chiamo dell’umanizzazione della nostra sanità».Tra i temi caldi dibattuti al convegno Anmdo-Card, il regionalismo differenziato, sul quale il presidente De Luca ha mostrato ancora una volta di avere le idee molto chiare. «Se il riparto del fondo sanitario nazionale è omogeneo – ha detto – accettiamo la sfida, ma puntare alla spesa storica significa che prendiamo in meno in termini di risorse e questo non va bene. Dobbiamo partire da qui, perché la spesa storica penalizza il Sud. E in questo senso abbiamo già dato. Ci siamo detti inizialmente contro l’autonomia perché quell’accordo aveva elementi pericolosi con trasferimenti a quote fisse». Poi sui criteri di riparto del fondo sanitario nazionale ha aggiunto: «Siamo partiti 15 anni fa adottando due criteri per il riparto: l’anzianità della popolazione e la deprivazione sociale. La Campania ha la popolazione più giovane di Italia e riceve di meno rispetto alla Liguria con più anziani. Il secondo criterio è stato dimenticato del tutto nel corso degli anni. Per cui noi subiamo un taglio strutturale di 300milioni in maniera irrazionale». Per De Luca, occorre rivedere anche il primo criterio perché in Campania «ci sono patologie infantili e giovanili che stanno diventando piaghe sociali:problemi alimentari, tossicodipendenze, alcolismo, obesità. Chiariti questi punti – ha proseguito – siamo d’accordo su tutto e dobbiamo stare attenti al rigurgito di centralismo cui stiamo assistendo.«Il tema è particolarmente delicato e sono condivisibili le preoccupazioni di quanti temono che le modalità con cui si sta predisponendo il regionalismo differenziato possano comportare una grave lesione della unitarietà del Servizio sanitario nazionale e del suo essere garante del principio di uguaglianza per l’accesso alle prestazioni comprese nei LEA su tutto il territorio nazionale», spiegano Giuseppe Matarazzo ( vicepresidente Anmdo) e Gennaro Volpe (presidente Card) «Non potevamo poi trascurare come l’accessibilità ai servizi e alle cure siano tra gli aspetti cruciali e determinanti nel rapporto tra cittadini e Servizio Sanitario, in quanto le modalità adottate dall’organizzazione deputata alla gestione dei percorsi di accesso influenzano l’efficacia del processo diagnostico, terapeutico e assistenziale (tempestività, appropriatezza) e condizionano la qualità e l’efficienza della risposta dei sevizi sanitari al cittadino».Al centro del dibattito anche le disuguaglianze sociali in relazione allo stato di salute della popolazione italiana con il rischio che le nuove povertà possano generare una ridotta accessibilità ai servizi sanitari,con ulteriore caduta delle condizioni di salute. La Clinical Governance, come principale obiettivo di miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, attraverso la garanzia dei livelli assistenziali con particolare riferimento al governo della domanda di salute ed all’organizzazione dell’offerta dei servizi sanitari. Il percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) come strumento di standardizzazione dei processi di assistenza a garanzia della diretta accessibilità a trattamenti e terapie innovative efficaci. Si è discusso poi di come trasformare l’inappropriatezza in appropriatezza attraverso esperienze maturate sul campo ben consapevoli che l’eccesso delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, non sorrette da evidenti prove scientifiche, contribuiscono ad elevare i costi in Sanità. Centrale resta l’integrazione Ospedale-Territorio, assicurando la “continuità delle Cure”ai cittadini con risposte adeguate ai propri bisogni di salute soprattutto a livello territoriale. Ciò che emerge, in sintesi, è l’importanza di saper usare al meglio le risorse disponibili, promuovendo scelte basate sul rapporto costo-utilità e costo-efficacia e favorendo le prescrizioni appropriate, senza giustificare una spesa maggiore a fronte del medesimo risultato clinico. Solo attraverso l’appropriatezza si potrà garantire la cura migliore per tutti, grazie ad un modello di erogazione dell’assistenza in grado di conciliare i valori di fondo dei sistemi di tutela della salute con gli obiettivi di responsabilizzazione e razionalizzazione nell’impiego delle risorse. Per Gennaro Volpe ”il servizio sanitario è ancora troppo centrato su un modello di assistenza basato sull’ospedalizzazione, retaggio di una cultura dell’ospedale superata da decenni in favore di un sistema integrato ospedale-territorio. Ecco perché la sfida da vincere è ora quella della riorganizzazione delle cure territoriali, una sfida alla quale la politica regionale crede molto e per la quale ha programmato un nuovo piano territoriale e la riorganizzane delle cure primarie. Inoltre ha messo in campo ingenti risorse economiche” .L’esigenza di accelerare sul potenziamento del territorio non deve essere però interpretata a scapito della funzione ospedaliera, avverte Giuseppe Matarazzo. «Il ruolo degli ospedali resta centrale in un sistema che intenda garantire appropriatezza delle cure. Abbraccio l’indicazione di potenziare il territorio – precisa Matarazzo – ma sarebbe un errore se questo avvenisse a scapito dell’assistenza ospedaliera. Non dimentichiamo mai che al momento l’ospedale è tra le poche certezze che restano ai cittadini», dice”.In definitiva, emerge ancora una volta l’esigenza di ritrovare“equilibrio”, di ragionare in termini di integrazione e non di dualismo tra ospedale e territorio. Non a caso l’appropriatezza, fare le cose giuste al paziente giusto e al momento giusto, è ancora oggi il risultato che ci si prefigura di raggiungere. Il problema è capire a che punto sia la Campania in questo percorso a ostacoli. Matarazzo non ha dubbi: «Non siamo messi male – dice – la nostra situazione è paragonabile a quella di molte altre regioni sottoposte a piano di rientro. Ma ora non possiamo più permettere che ragioni economiche influiscano su scelte assistenziali, e in Campania dieci annidi tagli e blocco del turnover si fanno sentire. In definitiva – afferma Matarazzo – dieci anni di commissariamento hanno “strangolato”l’assistenza. Abbiamo raggiunto il pareggio di bilancio e si sta lavorando molto sui Lea, ma non si può ignorare che anche in questo senso l’asticella è posta sempre un po’ più in alto. Il ministero sta già sperimentando nuovi indicatori, che alla fine spingono l’organizzazione in un senso o nell’altro, e questo a volte può avere effetti di adeguamento verso la misurazione di quell’indicatore. Dovremmo provare ad arricchire il ragionamento, ricordarci di mettere al centro del nostro interesse il paziente e costruire attorno a questo dei percorsi. Un’ottica nella quale si comprende bene che non esistono dicotomie ospedale-territorio, ma solo appropriatezza».

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