Una pura utopia, che salva l’anima. Così il maestro Enzo Moscato descrive “LabOratorio – RASOI” tra scrittura e vissuto personale, con la cura di Anita Mosca e Claudio Affinito, che ha diretto e condotto in Sala Assoli dal 21 settembre al 10 novembre, punto di partenza della stagione napoletana 2020-2021 di Casa del Contemporaneo.
Ventitre allievi-partecipanti lo hanno seguito in un viaggio che allo stesso tempo rappresenta un atto di fede nel teatro e nella drammaturgia come strumento di confronto ed elaborazione di esperienze personali, forma di partecipazione attiva alla vita delle comunità di artisti e delle persone che ne seguono i percorsi.
Poeta e scrittore, autore, attore e regista del suo teatro, della sua Visione, Moscato ha scelto una strada unica e tutta personale.
“Il LabOratorio Rasoi tra scrittura e vissuto personale (ma avrei potuto chiamarlo anche Archeologia del sapere di Foucault) – commenta – è stato un percorso di ‘form’azione mùtuo tra me e chi ha voluto, in questi tempi covidiani, incontrarsi, seppur adottando tutti i dispositivi di sicurezza prescritti, per discutere, indagare, interrogarsi sulla scrittura, e più particolarmente sulla scrittura scenica, che potremmo reputare il mio specifico, considerando i quattro decenni, che mi appresto a completare, dedicati alla Drammaturgia e al Teatro”. Documenti che Casa del Contemporaneo sta pensando di pubblicare come quaderni di lavoro in cui raccogliere i risultati di questo e altri approfondimenti di ricerca che si sono svolti in questi mesi.
Moscato ha diviso il suo ‘semi-lab’ (seminario-laboratorio) in quattro fasi partendo dalla messa in comune del suo mondo drammaturgico, ripercorrendo il debutto con “Carcioffolà” e la prima fase della sua produzione drammaturgica. “Oltre a condividere la mia esperienza, unica e personalissima di drammaturgo, mi interessava capire gli stili, gli impulsi e le tendenze delle scritture sulle quali poi, saremmo andati a lavorare”, continua.
Ha chiesto ai partecipanti fin da subito di portare frammenti, proposte, sogni scritti perché “non mi interessa fare il cattedratico, ho bisogno di una situazione empirica per partire e inventarmi l’incontro, aspetto un la, un si, un do…”.
La fase tre è stata dedicata al lavoro di ‘corporificazione’ dei testi proposti e infine lunedì 9 novembre gli abitanti di “questa specie di arca di Noè, dispersi e disorientati, senza orizzonte e impossibilitati a immaginarci un domani” sono approdati all’ultimo capitolo, il quarto. Moscato lo definisce un atto di resistenza teatrale, con tutte le limitazioni del caso. Con i suoi 23 ‘naviganti’ ha riflettuto e dibattuto sull’intreccio drammaturgico che Moscato ha immaginato dei testi nati in questi mesi di lavoro comune, con in scena, gli stessi autori che li hanno scritti.
Un atto di fede, un atto di speranza avvenuto mentre nelle stesse ore proseguono le prove di “Occhi gettati”, una coproduzione Casa del Contemporaneo/Teatro di Napoli-Teatro Nazionale. Il debutto e le repliche dello spettacolo, in programma al San Ferdinando dal 19 al 29 novembre, sono rimandate a teatro e date da definire.
Ma il teatro non si arrende, non si ferma, non getta la spugna. E un maestro come lui meno che mai. E’ solo un conto alla rovescia prima di poter ammirare in scena i suoi fantasmi, reali o immaginari,
il balletto di questi fantasmi, che è il balletto quaresimale e carnevalesco di Moscato stesso e della città di cui è carne e sangue.