Don Giovanni – Del limite e della finzione, adattamento di Molière da venerdì 1 a domenica 3 in Sala Assoli

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Da venerdì 1° a domenica 3 marzo (venerdì e sabato ore 20.30; domenica ore 18.00), Sala Assoli, nell’ambito del segmento di stagione denominato Fuori controllo e dedicato alle giovani compagnie, presenta Don Giovanni – Del limite e della finzione, testo di Molière adattato e tradotto da Antonio Piccolo, interpretato da Mario Autore, Anna Bocchino, Ettore Nigro, Antonio Piccolo e Federica Pirone; con le musiche e la regia di Mario Autore; le scene di Filippo Stasi e i costumi di Federica Del Gaudio (giovane artista vincitrice del Premio Ubu 2023 per Natale in Casa Cupiello spettacolo per attore cum figuris).

Prodotto da Piccola Città Teatro, il lavoro teatrale riprende il capolavoro di Molière, nato per rimpiazzare il censurato Tartufo: il commediografo francese tenta in quest’opera un colpo da illusionista, ripresentando Tartufo con l’abito cambiato e portando in scena di nuovo una feroce satira contro la doppia morale travestita, questa volta, da denuncia. Costo del biglietto per gli spettacoli: intero 18 euro; ridotto 14 euro Per info e prenotazioni: 345 467 9142 – assoli@casadelcontemporaneo.it

Un giovane nobiluomo, sfrenato e libertino, viene punito dal cielo dopo l’ennesima nefandezza. Molière cerca in tutti i modi la strada giusta per non rendersi inviso al pubblico: punisce il dissoluto, lo fa redarguire in scena per mezzo di più d’un personaggio, eppure, ancora una volta, la sua posizione “illuminista” emerge chiaramente, per contrasto, dalla natura ironica e a tratti parodistica degli avvenimenti e la censura, inesorabile, torna ad abbattersi sull’opera del maestro, che dopo una breve tranche di recite monche, non verrà più riportata in scena. Perché tanto accanimento? Cosa c’era di tanto empio da far ipotizzare una scomunica? La risposta è tanto semplice quanto contemporanea ed è il motivo per cui riportare oggi in scena questo personaggio mitico e dannato: “Io credo che due più due fa quattro”, sentenzia Don Giovanni, rispondendo a Sganarello che gli domanda se creda al sovrannaturale. Nega l’esistenza di Dio e schiaccia tutta la realtà sul razionale, sulla calcolabilità. Un fiero illuminista ante litteram: ma non siamo tutti noi, oggi, dopo Nietzsche e dopo tutto il Novecento, nel mondo del cielo vuoto?

 

«La psicologia da quarant’anni parla di epoca del narcisismo e non possiamo, seguendo queste classificazioni, esitare nell’individuare in Don Giovanni il prototipo del narcisista patologico – spiega Mario Autore. Ma sembra enormemente riduttivo schiacciare una personalità così complessa su una patologia: Don Giovanni è il rischio che tutti noi corriamo. Lo vedo come abitante di un pianeta perduto nell’universo: il mondo di Don Giovanni sembra un mondo sospeso. C’è un nichilismo di fondo che manifesta il dubbio metafisico del protagonista. Un mondo sospeso nel nulla, nel buio dell’assenza di Dio: “le ciel viene continuamente chiamato in causa e mai risponde”. Immagino dunque lo spazio scenico come una propaggine di mondo sospesa nel nulla. Tutte le scene, quasi dei quadri da dramma buchneriano, sono ai miei occhi saggi didascalici dal sapore brechtiano, in cui il poeta si diletta a di-mostrare tutte le sfaccettature della nostra ipocrisia. La prima scena è magistrale da questo punto di vista: Sganarello, con una tirata dalla retorica ineccepibile, glorifica le virtù del tabacco, che è, naturalmente, un vizio. E in questo fare, ricorda moltissimo alcuni escamotage della retorica da social network, quella dei comunicatori del presente. Io ci vedo due cocainomani che sniffano – in effetti il tabacco di cui parla Molière è da fiuto – e mentre sniffano, visibilmente alterati, non possono far altro che lodare le virtù della polvere magica».

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