La prima al San Carlo nel segno della sobrietà in ricordo delle vittime di Casamicciola, 10 minuti di applausi per il Don Carlo di Verdi.

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Oltre dieci minuti di applausi per il Don Carlo di Verdi, eterna tragedia del potere.

Per l’ apertura della Stagione lirica 2022/2023 del Teatro di San Carlo, la nuova produzione firmata Claus Guth, alla prima regia sancarliana, porta nell’impianto storico gli echi del presente.

Annullata in segno di lutto per la tragedia di Casamicciola l’inaugurazione di gala prevista sabato scorso, e’ stata quindi una prima nel segno della sobrietà e della grandezza monumentale dell’opera verdiana, quattro ore e mezza di musica.

Con trionfo finale per le splendide voci, “il miglior cast possibile” l’aveva definito il sovrintendente Stéphane Lissner: ovazioni annunciate per la star Elīna Garanča- Principessa Eboli e consensi per tutti: Ludovic Tézier – Rodrigo (che nell’ultima replica del 6 dicembre sarà Ernesto Petti), il tenore statunitense Matthew Polenzani (per la prima volta nel ruolo del titolo cantato in italiano), Ailyn Perez (debutto assoluto come Elisabetta Valois), Michele Pertusi-Filippo II, Alexander Tsymbalyuk- Grande Inquisitore, l’unico in costumi moderni. Sul podio Juraj Valčuha alla guida di Orchestra e Coro del Lirico, per lui è stata l’ultima volta come direttore musicale del teatro, ruolo che dal 2023 sarà ricoperto da Dan Ettinger. Una novità è stata la presenza in scena di un attore, Fabian Augusto Gomez, anarchico giullare. Protagonista del potente allestimento anche il coro, guidato dal maestro José Luis Basso.

Dramma lirico da Schiller ambientato tra Francia e Spagna attorno al 1560, il Don Carlo scelto per la prima napoletana (titolo assente da 21 anni dal cartellone del teatro) è quello rappresentato a Modena il 29 dicembre 1886, senza balletto ma con il reintegro del primo atto. Si tratta della scena di Fontainebleau, quando Carlo ed Elisabetta, che poi sarà costretta a sposare Filippo II, si incontrano per la prima volta dichiarandosi il loro amore. Un ‘prequel’ giudicato indispensabile dal regista tedesco per comprendere meglio l’evoluzione della storia che si dipanerà nei seguenti quattro atti fino al tragico finale.

Nelle scene di Etienne Pluss c’ è anche un pavimento che richiama il duomo di Napoli. (ANSA).

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