Associazione culturale Nartea
presenta
Meretrices – Tra le pieghe dell’ipocrisia
scritto e diretto da Febo Quercia
con Annalisa Direttore, Irene Grasso, Peppe Romano, Katia Tannoia, Francesco Viglietti
al piano il maestro Biagio Terracciano
costumi di Antonietta Rendina
Sabato 7 ottobre, ore 19.00, presso Club55 (in via Toledo 55), torna lo spettacolo itinerante di NarteA, Meretrices – Tra le pieghe dell’ipocrisia, scritto e diretto da Febo Quercia e interpretato da Annalisa Direttore, Irene Grasso, Katia Tannoia, Peppe Romano e Francesco Viglietti (al piano, il maestro Biagio Terracciano).
A Napoli, oltre la casa del famosissimo Domenico Mondragone, altri luoghi antichi nascondono, tra le lenzuola stropicciate dall’arte della seduzione, la storia partenopea: a 60 anni dalla famosa legge Merlin NarteA racconta di bordelli e case chiuse con uno spettacolo itinerante che vuole rivelare storie tenute nascoste per anni sotto il velo dell’ipocrisia. La partenza del primo turno è prevista alle ore 19.00 (per un massimo di 30 persone). Prenotazione obbligatoria ai numeri 339 7020849 o 333 3152415. Costo del biglietto 12 euro.
Nartea condurrà il pubblico nella splendida cornice di un antico appartamento sito in un palazzo storico di fine ‘600, per molti anni dimora dell’illustre famiglia dei Medici e tra quelle stanze si animeranno storie e personaggi di una Napoli scabrosa e dimenticata, occultata dai veli delle veneri vaganti dell’epoca precedente la legge Marilin. Dopo 60 anni dall’emanazione della legge dell’ipocrisia, si torna a parlare di una tematica su cui l’opinione pubblica ancora si divide. Negli anni ‘50, Napoli contava circa 900 case di piacere: tra le umili lupanare dei Quartieri Spagnoli ai bordelli lussuosi di via Toledo, non si trovavano solo donne di postriboli o meretrici tesserate, ma le storie di Napoli.
Prima della Merlin, nel 1860, il governo Cavour pubblicò un regolamento sulla prostituzione che fu esteso a tutte le province annesse al Regno. Emanato per prevenire la riacutizzazione della sifilide nell’esercito piemontese in guerra, questa norma non fu applicata solo a scopi sanitari. Tale regolamento rappresentava infatti uno strumento di controllo sulle donne da parte della società. In particolare, si autorizzava l’apertura di postriboli di Stato divisi in categorie, tassando il meretricio con imposte da versare nelle casse statali. Mille ruffiani aprirono, in pratica, i cancelli dell’ “apocalisse”, nascondendosi tra le pieghe dell’ipocrisia.