Si assiste da anni nel nostro Paese ad un calo importante della natalità, con molti territori, soprattutto nel Mezzogiorno, che andranno incontro a un vero e proprio “spopolamento”. Una prospettiva che non può non preoccupare il governo che, infatti, corre ai ripari annunciando iniziative e misure strutturali per incentivare la natalità.
la soluzione intravista potrebbe essere riconoscere anche legalmente come cittadini italiani quel milione di immigrati di seconda generazione che di fatto già lo sono – tanto da aver assorbito gli usi, i costumi, la lingua del nostro Paese e perfino il dialetto delle realtà in cui vivono – ma che non lo sono per la legge fino al compimento del 18° anno di età Una situazione kafkiana quella che vivono tanti figli di immigrati sospesi in un limbo in cui vivono, crescono, studiano, lavorano e condividono gli stessi sogni dei loro coetanei italiani ma che per lo Stato italiano sono dei ‘fantasmi’ fino ai 18 anni, con le inevitabili spiacevoli conseguenze tra discriminazioni, rinunce e noie burocratiche (il continuo rinnovo del permesso di soggiorno). Una dissociazione esistenziale che sperimentano anche Fatima e Sara, le due protagoniste del corto “Un milione di italiani (non sono italiani)” di Maurizio Braucci, cosceneggiatore degli acclamati “Gomorra” di Matteo Garrone e “Martin Eden” di Pietro Marcello, che ha inaugurato la mini-rassegna di corti incentrata sul multiculturalismo. l’opera evidenzia la situazione, che verrà ulteriormente approfondita attraverso la critica cinematografica con i video essay, al Laboratorio di Cinema dell’Università “L’Orientale“, promosso dal CLAOR in collaborazione con VED Tv Cinema.”
la proiezione rappresenta un momento clou del Laboratorio di Cinema, attivato presso l’Università “L’Orientale”, che vede il Prof. Giuseppe Balirano, Delegato del Rettore per il lifelong learning e multimedialità nonché Presidente del CLAOR, il Centro Linguistico di Ateneo de ‘L’Orientale’, come docente responsabile e il Prof. Francesco Giordano nelle vesti di docente esperto.
Musical, documentario a sfondo sociale-politico, docu-musical, esempio di ‘pubblicità progress – come esplicitato dallo stesso Braucci nel corso dello stimolante dibattito con gli studenti del Laboratorio che è seguito alla visione del suo corto: tante le definizioni per il piccolo ‘gioiello’ di Braucci che ibrida tanti generi e che, pertanto, in ciò è una sottile allegoria di quel mosaico di culture che è sempre più anche la società italiana.
Allegoria che si disvela compiutamente nella sequenza finale del corto, la jam session in cui Fatima e Sara, aspiranti rispettivamente cantante e musicista, si cimentano in un brano della tradizione canora dei loro Paesi d’origine e in grande classico del repertorio della musica napoletana fondendo melodia partenopea e armonie orientaleggianti per un riuscitissimo sincretismo musicale che è la colonna sonora di una società autenticamente multiculturale; quella in cui gli immigrati sono cittadini con pieni diritti che si integrano nella società che li accoglie senza tradire le loro origini e in cui l’identità nazionale si rafforza includendo e non espellendo il ‘diverso’.
Insomma, il corto di Maurizio Braucci è un sasso lanciato nelle acque stagnanti del dibattito politico da cui è stato espunto il tema dello ‘ius soli’ – il diritto in virtù del quale si concede la cittadinanza italiana a chiunque nasca nel territorio italiano indipendentemente dalla nazionalità dei suoi genitori, che non è più rinviabile nell’ ordinamento giudiziario per ‘fare i prossimi italiani’, quel ‘milione di italiani che non sono italiani’ che, tra l’altro, ci salverà dall’inverno demografico.