L’Università degli Studi di Napoli Federico II ha in essere con il Comune di Napoli un contenzioso sulle modalità di calcolo della tassa dei rifiuti (TARI/TARES) esclusivamente a far data dall’anno 2013, durante il rettorato Marrelli.
L’Ateneo ha, infatti, impugnato gli avvisi relativi alla TARI/TARES emessi dal Comune di Napoli per gli anni 2013-2018, per i quali i giudizi sono ancora pendenti. In assenza di una specifica normativa nazionale che definisca la tariffazione per l’Università, il Comune di Napoli richiede che si debba applicare la tariffa unica prevista per le scuole, indipendentemente dalla distribuzione e dall’uso diversificato degli spazi universitari (incomparabili per natura e quantità a quelli di una scuola), a differenza di quanto avviene in altri comuni, anche campani, che hanno determinato una tariffa ad hoc al fine di colmare la lacuna normativa.
Secondo le valutazioni formulate dagli uffici comunali di Napoli, con l’applicazione di un’unica tariffa indistintamente a tutte le superfici, le cartelle emesse per l’Ateneo federiciano, per gli anni dal 2013 al 2018, assommano a circa 26 milioni di euro a cui andrebbero aggiunti altri circa 5 milioni di euro per le annualità 2019 e 2020, per un totale di circa 31 milioni di euro.
L’Università, ente pubblico che per pagare è tenuto ad attendere la conclusione di tutti i gradi di giudizio, allo scopo di addivenire ad un accordo tra le parti, venendo incontro alle richieste dell’Amministrazione comunale, già molto prima dell’evento della pandemia da COVID 19, ha formulato un’ipotesi di applicazione differenziata delle tariffe. La proposta prevede, in adesione alla tesi del Comune di Napoli, l’applicazione della tariffa di categoria 1 (scuole) a tutti gli spazi ad eccezione del campus universitario di San Giovanni, di quello di Monte Sant’Angelo, delle aule di grandi dimensioni utilizzate unicamente per convegni e congressi, dove gli ampi spazi sono tali da farli assimilare a spazi adibiti ad auditorium (tariffa di categoria 2), in linea con la legge nazionale che stabilisce che in assenza di specifica indicazione di destinazione d’uso vada applicata la tariffa assimilabile.
Definito l’accordo per l’applicazione delle tariffe ai diversi spazi, l’Università – come ha più volte dichiarato – è pronta a pagare in un’unica soluzione e senza richiesta di rateizzazione la somma concordata, che è stata progressivamente accantonata in un apposito fondo vincolato.