Accordi Programma Campania-Calabria, investimenti per oltre 800 milioni. Falco (Confapi): bene ma servono competenze per progettazioni, via burocrati inefficienti.

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Favorire nuove iniziative imprenditoriali e il consolidamento di quelle già esistenti che risultino strategiche per le esigenze di sviluppo territoriale attraverso il cofinanziamento, da parte delle due amministrazioni regionali, dei Contratti di Sviluppo, sono gli obiettivi principali dell’intesa firmata tra il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, l’assessore alle Attività produttive della Regione Campania, Amedeo Lepore, il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio e l’Amministratore Delegato di Invitalia, Domenico Arcuri. L’Accordo prevede anche la riduzione dei tempi di istruttoria e di approvazione.

Per la Campania sono stati messi a disposizione 325 milioni di euro, di cui 175 milioni da parte del Ministero per lo Sviluppo economico e i restanti 150 milioni dall’amministrazione regionale presieduta da Vincenzo De Luca per i settori dell’automotive, cantieristica, aerospazio, abbigliamento e moda, agroalimentare, agroindustria, Ict e turismo.

Per la Calabria, invece la dotazione complessiva dell’Accordo è di 145 milioni, attivabili sempre per il cofinanziamento dei Contratti di Sviluppo, per i settori agroalimentare, turismo e cultura, logistica e trasporti, ICT e terziario innovativo, smart manufactoring, metalmeccanico, tutela ambientale e scienza.

L’impegno finanziario del Mise è di 80 milioni di euro, mentre la Regione Calabria metterà a disposizione 65 milioni. Per la Campania si stima di finanziare 15 Contratti di Sviluppo che attiveranno investimenti per circa 600 milioni di euro, mentre in Calabria saranno 7 i Contratti di Sviluppo finanziabili che potranno generare investimenti complessivi superiori a 280 milioni di euro.

Con Invitalia ci siamo dati l’obiettivo sfidante di arrivare a concludere almeno 60 Contratti di Sviluppo nel 2017, più del doppio dell’anno prima – ha affermato Calenda -. Sono accordi molto importanti su uno strumento che, dopo la fine degli incentivi a bando e il lancio di Industria 4.0, è l’unico rimasto di natura negoziale. Uno strumento che abbiamo deciso di potenziare – ha sottolineato il ministro – e su cui puntiamo molto in particolare per il Meridione. Il 70 per cento degli investimenti con i Contratti di Sviluppo va al Sud. Sono un fattore di riequilibrio e vanno a costruire una nuova base industriale nel Meridione. Il filo rosso che lega tutte queste politiche di intervento del Governo a sostegno delle imprese – ha concluso Calenda – è anche in questo caso di premiare chi investe”.

“Questo accordo rappresenta un modello virtuoso di collaborazione istituzionale, che auspichiamo possa essere esteso anche ad altre regioni – ha sottolineato Arcuri – Il Contratto di Sviluppo si conferma uno degli strumenti più efficaci messi in campo dal Governo per favorire traiettorie di crescita anche nelle aree del Mezzogiorno. Ed è la dimostrazione che quando gli incentivi sono semplici, efficaci e trasparenti possono rispondere adeguatamente alla domanda di sviluppo che arriva dai territori”.

«Vanno benissimo i contratti di sviluppo così come è gratificante l’attenzione che il ministro Carlo Calenda e i colleghi di Governo rivolgono al Sud, ma i soldi non sono l’unico problema da affrontare per stimolare la crescita delle regioni meridionali. Contro la malaburocrazia e la mancanza di professionalità e competenze delle articolazioni della Pubblica amministrazione, anche le centinaia di milioni di euro di finanziamenti pubblici servono a poco».

Lo ha detto Gianpiero Falco, presidente Confapi Napoli, commentando la firma degli accordi di programma per Campania e Calabria, questa mattina, tra il ministro dello Sviluppo economico e l’ad di Invitalia, Domenico Arcuri.

«Dobbiamo essere onesti: gli Enti locali, purtroppo, non hanno gli strumenti e le capacità per governare grandi processi di trasformazione territoriale e per dedicarsi seriamente alla progettazione del territorio – aggiunge Falco – e questo accade non sempre per colpa della politica, che pure ha i suoi mille difetti ma per tutt’altre motivazioni».

«I dirigenti pubblici e quanti, a vario titolo, approfittando delle pieghe della legge Bassanini, detengono il potere di firma – ha concluso Falco – e vi rinunciano dolosamente per non assumersi responsabilità che la legge attribuisce loro, responsabilità per le quali chiariamo sono pagati profumatamente, non sono dei “passacarte”. Purtroppo, è scomodo dirlo ma costoro sono la vera zavorra di un Sud sì arretrato ma che vorrebbe comunque rialzarsi».

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