Campania ultima in Europa per spesa sanitaria ed assistenziale, l’allarme del sindacato.

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«Le risorse che lo Stato e le Regioni mettono a disposizione nei loro bilanci per la sostenibilità della spesa per il welfare non sono solo insufficienti a garantire livelli adeguati di prestazioni, ma sono anche utilizzate in maniera disomogenea, se non addirittura sprecate o sottoutilizzate». È quanto afferma in un suo recente rapporto Biagio Ciccone, segretario generale della UIL pensionati della Campania, sottolineando come questa cattiva gestione delle risorse riguardi in particolare le regioni del Sud e in primis la Campania.

 

Affermazioni ampiamente supportate dai dati di molteplici recenti studi e ricerche in materia, secondo i quali il livello di efficacia della spesa sanitaria da parte delle regioni non solo è molto disomogeneo, ma addirittura in alcuni casi non produce affatto servizi per i propri cittadini: si va da regioni assolutamente virtuose, come l’Emilia Romagna che, per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza, riesce a spendere il 92,2% delle risorse regionali a ciò destinate, a regioni come la Calabria e la Sardegna dove questo dato scende al di sotto del 60%. Ultima in classifica la Campania, con solo il 53,9% delle risorse disponibili effettivamente spese per garantire ai propri cittadini i LEA. Anche per quanto concerne la spesa sanitaria pro capite la nostra regione è maglia nera con 1.723 euro per ogni cittadino a fronte della media italiana di 1.866 euro, che a sua volta è la più bassa d’Europa.

«Tutto ciò – commenta il segretario Ciccone – costringe i cittadini campani a pagare “di tasca propria” quelle cure sanitare che dovrebbero essere garantite di diritto dal sistema sanitario nazionale e da quello regionale. A subire maggiormente le conseguenze di questa gestione sono le fasce più deboli della popolazione, tra cui i pensionati, schiacciati peraltro da una delle fiscalità più alte d’Europa. Senza interventi perequativi, che mirino a fornire sostegni strutturali ai redditi delle fasce più deboli della popolazione, ai pensionati, ai poveri, la forbice tra chi può permettersi di curarsi e di farsi assistere negli anni più difficili della propria vita è destinata ad allargarsi, fino alla creazione di cittadini di serie A e cittadini di serie B».

 

Lo scenario, infatti, è altrettanto allarmante se si analizzano i dati della spesa sociale destinata dai comuni ai cittadini, in particolare per quanto concerne la spesa per l’assistenza domiciliare agli anziani: emergono importanti squilibri a sfavore delle regioni del Sud, dove la spesa annua è di 48 euro pro capite contro i 78 euro del Centro, i 91 euro del Nord-ovest e i 159 euro del Nord-est.

 

«Nel nuovo anno da poco iniziato – ha concluso Ciccone – sarà più che mai necessario mettere a sistema le risorse di cui i territori dispongono, creare reti strutturate di intervento con le realtà private del territorio che operano nel terzo settore, puntare sul valore dell’associazionismo che mette a disposizione risorse umane, tempo, passione, partecipazione, competenze, conoscenze e strumenti per sostenere ed affiancare quel lavoro in favore dei più bisognosi che lo Stato e gli enti locali fanno fatica a portare avanti».

 

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