“Il SIFUS ha chiesto un incontro al neo Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per affrontare il tema del ‘caporalato’, ancora una volta emerso dalle indagini delle forze dell’ordine a cui va il nostro plauso. L’operazione ‘Rasoterra’ portata a termine dalla Polizia di Stato, in provincia di Reggio Calabria e nella città di Caserta, per episodi verificatisi nella Piana di Gioia Tauro tra giugno 2018 e giugno 2019, purtroppo dimostrano come sia palese il fallimento della legge 199 sul Caporalato che, se da un lato ha inasprito le pene contro i ‘caporali’ e contro coloro i quali utilizzano manodopera umana in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di estremo bisogno economico, dall’altro lato non è stata in grado di mettere in piedi un meccanismo pubblico capace di sostituire la funzione dei cosiddetti ‘caporali’, intercettando domanda ed offerta di lavoro, così come si potrebbe fare e subito grazie agli sportelli degli uffici di collocamento.”
E’ quanto dichiara con forza, ma anche con rammarico il segretario generale del sindacato nazionale SIFUS CONFALI, Maurizio Grosso, il quale sottolinea che “ancora una volta torniamo a parlare di caporali e sfruttamento lavorativo di braccianti immigrati, pagati a 25 euro, dall’alba al buio della sera, rigorosamente in nero come se fosse un qualcosa di naturale od ovvio, ma che naturale ed ovvio certamente non è! Non a caso, noi del Sifus Confali siamo da sempre impegnati in prima linea contro lo sfruttamento della manodopera, tanto che nei scorsi mesi abbiamo dato vita alla Campagna ‘Pro Diritti dei Braccianti agricoli’ contro il lavoro nero e il caporalato che ha fatto tappa ad Adrano, Biancavilla e Palagonia, in provincia di Catania, e a Ribera, in provincia di Agrigento. Attraverso questo tour pro-sensibilizzazione sui diritti dei braccianti agricoli siciliani, i dirigenti del SIFUS hanno incontrato tanti braccianti agricoli che si ritrovano in quei luoghi in cui, prima dell’alba, aspettano di recarsi al duro lavoro da fare nelle campagne. L’oggetto dell’interlocuzione tra il SIFUS e loro è stato sostanzialmente legato al tipo di rapporto di lavoro che li lega all’azienda agricola che li fa lavorare, al salario, all’orario di lavoro, al chilometraggio e ad altro ancora. In sintesi –spiega Maurizio Grosso, Segretario Generale SIFUS CONFALI– tutto ciò che attiene i diritti, spesso e volentieri negati. Nel corso di questa Campagna ‘Pro Diritti dei Braccianti agricoli’ è emerso che il rapporto di lavoro non si basa quasi mai su quanto previsto dal C.C.N.L. ma su quanto pattuito in piazza con il cosiddetto ‘principale’ o con chi ne fa le veci, o addirittura con il ‘caporale’. Inoltre, i dirigenti del SIFUS hanno appreso che il salario ricevuto e l’orario di lavoro, quasi mai coincidono con quanto previsto dal C.C.N.L. : si va abbondantemente oltre le 6 ore e 30 minuti di lavoro giornaliero di lavoro e le 39 ore settimanali. Per quanto attiene il salario, invece, nella migliore delle ipotesi i braccianti agricoli vengono pagati 45/50 euro contro i 63/79 euro previsti dal contratto nazionale. Peraltro, gli stessi braccianti agricoli lamentano sia l’assenza delle visite ispettive nelle campagne da parte di I.N.P.S. e U.T.L. (che servirebbero a dimostrare il rapporto di lavoro di fatto in caso di aziende fantasma e in ogni caso, quale deterrente per rispettare i C.C.N.L.) e sia l’abrogazione della norma sulla riconferma delle giornate lavorative in caso di calamità e la notevole età anagrafica e contributiva necessaria per raggiungere lo status di pensionati (42 anni e 10 mesi di contributi o 67 anni e minimo 20 anni di contributi)”. A conclusione della Campagna “Pro Diritti dei Braccianti agricoli”, dopo aver interloquito con migliaia di braccianti, i dirigenti del SIFUS hanno deciso di definire un Piano di rilancio del comparto bracciantile da consegnare ai Ministri del Lavoro e dell’Agricoltura, allo scopo di contribuire ad abbattere il caporalato e il lavoro nero, ma anche quello “grigio”.