Separare la decisione sui Lep da quella sull’autonomia differenziata. Oggi più che mai, tanto necessari i primi, quanto dannosa la seconda. Per Biagio Ciccone, Segretario generale Uil Pensionati Campania, c’è il rischio che la legge quadro del ministro leghista Roberto Calderoli trascini nello scontro politico anche i Livelli Essenziali delle Prestazioni.
Segretario, perché ritiene indispensabile separare le riflessioni sui Lep da quelle sull’autonomia differenziata?
I Lep servono ad assicurare prestazioni e servizi uguali a tutti i cittadini: a Pinerolo come a Scilla, a Marsala come a Vipiteno, al paese costiero come alle aree interne, a prescindere da dove vivano e cosa facciano. Proprio per questa funzione di tutela su tutto il territorio italiano sono stati inseriti nella Costituzione come pilastro del progetto relativo all’autonomia differenziata delle Regioni: una forma di tutela per garantire che non si creino ulteriori disparità. I Livelli Essenziali delle Prestazioni dovrebbero assolvere a questa funzione di garanzia a prescindere dalla revisione dei compiti delle Regioni. Lo prevede appunto la Costituzione, che affida alla legislazione la loro definizione. La Uil si è mobilitata già da tempo sia per i LEP, che per un serio confronto sull’autonomia differenziata, perché la proposta dell’attuale governo indebolisce ancora di più quella parte del Paese, ossia il Mezzogiorno, che già da anni sconta una significativa carenza di servizi, soprattutto sul fronte sanitario e assistenziale, e una scadente qualità di vita per mancanza di sviluppo economico.
In che senso?
I Livelli Essenziali delle Prestazioni possono svolgere davvero una funzione di garanzia. Sono di importanza vitale soprattutto nel Mezzogiorno e in regioni come la Campania dove il disagio sociale diffuso, la speranza di vita bassa e l’alto dato di morti per circostanze evitabili riflettono fabbisogni veri. Se ne parla da molti anni e, purtroppo, nessuno ha fatto niente. I Lep sono in Costituzione dal 2001, potevano e dovevano essere rivendicati, soprattutto da quelle forze politiche, da quelle regioni e da quelle forze sociali che oggi ululano alla luna. Io sono un riformista e mi sforzo sempre di individuare le piste, le ragioni del confronto, anche aspro, talvolta capace di migliorare e di molto, le scelte annunciate; le posizioni radicali si fermerebbero alla condanna e allo scontro.
Vengo da una storia e una scuola che ha cambiato paradigmi istituzionali, economici e sociali, duri a morire, con la forza della ragione e dell’elaborazione, nonché con lotte mirate. Dove sono quelle forze che dovrebbero occuparsi dei più fragili? Di cosa si sta occupando la Politica vera in questi giorni cruciali per il futuro delle persone, dell’Italia? Vogliono continuare a darci diritti civili e a toglierci quelli sociali, com’è avvenuto negli ultimi trent’anni?
Il richiamo della Corte Costituzionale non è servito a sbloccarne la definizione.
La Consulta, nella sentenza numero 220 del 2021, ha valutato negativamente il «perdurante ritardo dello Stato nel definire i Lep». Ha, quindi, ricordato che la responsabilità dei Lep è esclusiva dello Stato, non delle Regioni. Sempre la Corte Costituzionale ha ricordato che i Lep rappresentano «un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali». In definitiva i Lep potevano e dovevano essere definiti a prescindere dall’attuazione dell’autonomia differenziata.
Il percorso per arrivare all’autonomia differenziata potrebbe, però, portare finalmente alla fissazione dei Lep.
Vedo, in realtà, il rischio contrario. Unendo in un solo destino Lep e Autonomia, chi ora vuole fermare la seconda, inevitabilmente finirà per ostacolare anche la definizione dei primi, rimandando la determinazione a chissà quando, ovvero, peggio ancora, prevedendo dei Lep che acuiscano il distacco tra Nord e Sud, invece di colmarlo.
Come, secondo Lei, si può sciogliere questo nodo gordiano?
L’esperienza di questi anni porta a concludere che il regionalismo va riconosciuto con parsimonia e senza perdere un’effettiva regia nazionale. Invero, per il diritto alla salute, il regionalismo ha nei fatti distrutto il sistema sanitario nazionale, come bene afferma da ultimo l’Anaao-Assomed; per l’istruzione, la pressione della pandemia ha aggravato il ritardo già pesante che lede i diritti degli studenti di tutte le età in un terzo del paese. In molteplici settori si è evidenziata la necessità di forti politiche pubbliche nazionali e di regole volte a ridurre il divario Nord-Sud secondo le indicazioni dell’Europa.
….E dal punto di vista del tributo erariale?
Definire la soglia massima di compartecipazione al singolo tributo erariale che le Regioni potranno ottenere con un’intesa. In questo modo il cittadino saprà che lo Stato avrà le risorse necessarie per far fronte alle funzioni che non deve delegare.