Coronavirus, Confapi Napoli: governo non imponga smart working a pmi Il presidente Marrone: «Serve libertà di scelta nella sicurezza sanitaria».

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«Il ricorso allo smart working è certamente una rimodulazione importante del lavoro, in questo momento di crisi sanitaria, ma non è l’unica alternativa esistente, soprattutto se parliamo di imprese private. Non vorrei che passasse il messaggio, tutt’altro che giusto, che è il Governo a decidere anche sulle modalità di organizzazione aziendale delle Pmi. Facoltà che è e resta in capo agli imprenditori, ovvero a chi quotidianamente lotta sul mercato e rischia in prima persona».

Lo ha detto Raffaele Marrone, presidente Confapi Napoli.

«Serve equilibrio in questo momento – ha proseguito Marrone – e purtroppo non ne vedo tanto in giro. Vedo, invece, la voglia di imporre decisioni calate dall’alto che non solo non aiutano, ma finiscono addirittura per danneggiare. Le Pmi hanno una loro organizzazione, una loro struttura interna e un loro ciclo produttivo che solo chi ci lavora conoscono – ha aggiunto il leader delle Pmi napoletane –. Una impresa è un luogo non solo di lavoro, ma è una piccola comunità. È una “casa” in cui ognuno ha un compito e dove le esigenze della produzione si sposano con la libertà di autodeterminazione dell’imprenditore e con i diritti e i doveri dei lavoratori. Se è stata sollevata una polemica molto aspra sulla possibilità, evocata e poi ritirata, di controllare con le forze dell’ordine i domicili privati, non vedo perché questa intrusione nella libertà altrui debba invece estendersi alle aziende, fermo restando l’obbligo da parte delle pmi di osservare tutte le più scrupolose norme in materia di prevenzione. Il governo è un nostro interlocutore, e noi guardiamo con grande partecipazione allo sforzo compiuto in questo mesi, ma non è il nostro datore di lavoro».

«Ci sono alcune attività che possono proseguire tranquillamente senza smart working, e in sicurezza. Di questo deve preoccuparsi l’esecutivo. Evitando che le imprese private si svuotino di lavoratori e impedendo che anche lo smart working nella pubblica amministrazione finisca per rallentare una burocrazia già elefantiaca nelle procedure e nei tempi di risposta. Altrimenti – conclude Marrone – voler imporre lo smart working generalizzato creerà un duplice effetto negativo: da un lato danneggerà l’organizzazione aziendale delle imprese private e dall’altro ne rallenterà la produttività per gli inevitabili ritardi che una pubblica amministrazione, in funzione da remoto, accumulerà rispetto alle nostre istanze».

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