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di Angelo Ionta
Nell’economia circolare, quella pensata per potersi rigenerare da sola, i flussi di materiali sono di due tipologie: biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera (l’insieme delle zone della Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita), e tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza finire come rifiuti nella biosfera. L’economia circolare è dunque un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun’altro. Nell’economia lineare, invece, terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo, smaltimento. Oggi ci troviamo di fronte sia ad un aumento della domanda di materie prime che cominciano a scarseggiare, sia all’aumento esponenziale della popolazione mondiale, che necessita di prodotti finiti. Ma i malanni non sono finiti. Oltre alla scarsità di materie prime occorre considerare l’impatto sul clima: i processi di estrazione e utilizzo delle materie prime producono infatti scompensi sull’ambiente, aumentando il consumo di energia e le emissioni di agenti inquinanti (anidride carbonica (CO2), biossido dello zolfo (SO2), vari ossidi dell’azoto (Nox) polveri sottili ed altri inquinanti minori).Occorre quindi adottare delle misure come riduzione dei rifiuti, ecodesign (oggetti d’uso realizzati con basso impatto ambientale o ideati e progettati con impiego di materie prime seconde; quelle che provengono dal riciclo dei rifiuti solidi urbani (RSU) e riutilizzo dei materiali di scarto che, secondo calcoli condotti, solo in Europa consentirebbe di ottenere un risparmio netto annuo di 600 miliardi di euro, pari all’8% del fatturato del continente, riducendo nel contempo le emissioni totali di gas serra, sino al 4% annuo. La transizione verso un’economia circolare, oltre ad essere una valida risposta per combattere le nuove minacce di inquinamento del pianeta che coinvolge aria, acqua e terra, creerebbe occupazione (si stimano infatti circa 600.000 nuovi posti di lavoro in ambito UE). Con l’economia circolare, ad esempio, si potranno ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli, ottenendo un risparmio di materiale per 6,4 miliardi di euro l’anno (circa il 15% della spesa per materiali) e 140 milioni di euro in costi energetici, con una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 6,3 milioni di tonnellate. Altro palliativo alla problematica è lo sviluppo della Green Economy – Economia verde , fortemente voluta dalla nuova classe dirigente a Bruxelles (Green Deal europeo), modello di sviluppo economico che presuppone un sistema economico dove i benefici attesi (aumento del prodotto interno lordo e relativi profitti) siano pari al compensare/azzerare l’impatto ambientale che scaturisce dal ciclo di trasformazione delle materie prime. Un processo di tutela dell’ambiente che interessa tutta la filiera produttiva, a partire dall’estrazione delle materie prime, trasporto, trasformazione in energia e prodotti finiti, sino alla loro eliminazione o smaltimento. Strano ma vero poi, adottare una produzione verde comporterebbe un processo produttivo più economico dell’attuale (condizionato da minore resa per le ingenti spese di smaltimento, ricondizionamento e trasporto sostenute) con importante crescita del PIL. Ovviamente, tale Rivoluzione presuppone un cambiamento delle coscienze dei singoli e poi dei governi, così da condividere fattivamente i cambiamenti da adottare in campo economico, legislativo, tecnologico, così da realizzare riduzione dei consumi e di energia, azzeramento dei rifiuti e riduzione dell’impiego di risorse naturali, promuovendo nel contempo un modello di sviluppo sostenibile, definito come “… quello che soddisfa i bisogni della società presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri…”. Sebbene quanto detto sinora possa apparire una dissertazione eco-filosofica, lo stesso non può dirsi per alcuni dati oggettivi e preoccupanti che strattonano le nostre coscienze, tipo: la quantità di Rifiuto Solido Urbano (RSU) prodotto annualmente in Europa che è di oltre 500 chilogrammi per abitante (di cui solo il 37,8 % ne viene reclinato); la temperatura media terrestre è aumentata di quasi un grado centigrado negli ultimi cento anni, aumento di temperatura che, in un ambiente in equilibrio come quello sulla Terra, comporta l’accentuarsi di sempre più fenomeni atmosferici fortemente negativi ( come alluvioni, bombe d’acqua, siccità, desertificazione, scioglimento dei ghiacci, innalzamento degli oceani). Come anticipato poi l’aumento esponenziale degli abitanti sulla Terra, nel 2050 infatti, è previsto che arriveremo a 9,7 miliardi ed entro la fine del secolo, a quasi 11 miliardi di persone, augurandoci che il pianeta Terra possa sopportare tale carico, ipotesi assolutamente non scontata. È vero, noi non ci saremo, ma se non partiamo ora, da genitori snaturati, lasceremo a chi viene “cocci e problemi di ogni genere, non di meno quelli alimentari e salubrità dell’aria”, anziché spiagge tropicali dove trascorrere vacanze rilassanti e da sogno.