Vini, Spiriti e Aceti italiani valgono oltre 20 miliardi di euro di fatturato e rappresentano il 21% dell’export complessivo Food & Beverage italiano. Ha preso avvio da questa fotografia, illustrata da Nomisma, l’Assemblea Generale di Federvini svoltasi oggi a Roma, che ha ospitato gli interventi dei Ministri dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida, degli Esteri Antonio Tajani, delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso e del Presidente dell’Agenzia ICE Matteo Zoppas.
Le evidenze sono state presentate a pochi giorni dall’approvazione, in Irlanda, del provvedimento che introdurrà i cosiddetti health warning sulle etichette di bevande alcoliche. Una norma che preoccupa il comparto non solo per le possibili conseguenze economiche sulle filiere produttive, contravvenendo al principio del libero scambio all’interno dell’Unione europea, ma anche per la totale assenza di distinzione tra consumo ed abuso senza informare correttamente il consumatore.
“La scelta irlandese mette sullo stesso piano consumo e abuso, senza intervenire sull’educazione ad un approccio responsabile e moderato – ha commentato Micaela Pallini, Presidente di Federvini – e quel che è peggio è che si rivelerà sostanzialmente inutile. Sulla questione, l’Italia ha saputo muoversi compatta, istituzioni e imprese, ma dobbiamo ora continuare a fare squadra sul piano internazionale per evitare che il caso irlandese possa indurre altri Paesi a seguire la stessa strada. Le nostre imprese esprimono un patrimonio non solo produttivo ma anche iconico per la loro capacità di rappresentare il nostro Paese nel mondo. L’Italia oltre ad essersi imposta a livello internazionale per la sua produzione di vini, spiriti e aceti, è anche un Paese tra i più virtuosi per lo stile di vita, di alimentazione e di consumo moderato. Alla base della decisione irlandese c’è la mancata comprensione che l’abuso si sradica e si combatte con l’educazione, non con il proibizionismo. L’Irlanda e più in generale Bruxelles guardino all’Italia, ai valori della dieta mediterranea e alla sua cultura di consumo consapevole”.
A tali criticità si aggiungono le critiche ribadite da Federvini in merito alla riforma del regolamento europeo sugli imballaggi, che presenta evidenti rischi, quali quello di privilegiare le pratiche di riuso, difficili e costose da attuare da parte delle imprese, a discapito del riciclo che vede l’Italia ai vertici in Europa, e di spingere il mercato alla standardizzazione del packaging con effetti negativi sull’immagine dei prodotti.
Gli effetti degli health warning sugli stili di consumo sono stati presentati del professor Gregor Zwirn dell’Università di Cambridge che ha messo in luce l’inefficacia di tali strumenti sui comportamenti scorretti.
L’educazione al consumo moderato delle bevande alcoliche resta una delle mission essenziali di Federvini. L’Assemblea Generale della Federazione ha offerto l’occasione per presentare le nuove “Linee Guida sull’autoregolamentazione nella comunicazione commerciale e promozionale delle bevande alcoliche”, un documento organico che riepiloga le raccomandazioni che tutte le aziende associate devono prendere a riferimento nelle proprie azioni di comunicazione al pubblico. Scopo delle Linee Guida è quello di garantire uno standard di comunicazione commerciale e promozionale di bevande alcoliche che sia corretto e trasparente e che promuova modelli di consumo ispirati ai criteri di misura e responsabilità.
“Abbiamo ritenuto fondamentale redigere Le Linee Guida di autoregolamentazione nella comunicazione commerciale e promozionale di bevande alcoliche per richiamare quei princìpi e quei valori di promozione del consumo moderato e responsabile, che sono sempre stati parte della mission di Federvini. Da questa coscienza, che connota lo spirito delle nostre aziende, nascono le Linee Guida che intendono fornire agli Associati uno strumento concreto per la pianificazione di una comunicazione eticamente corretta,” ha ricordato Giuseppe D’Avino, Presidente del Gruppo Spiriti di Federvini.
La cultura del consumo è stata inoltre al centro dell’iniziativa “No Binge – Comunicare il consumo responsabile” avviata dalla Federazione insieme all’Università La Sapienza di Roma. L’iniziativa è stata presentata dal Prof. Alberto Mattiacci Professore Ordinario di Marketing & Business Management alla Sapienza e da Barbara Herlitzka, Presidente del Comitato Aspetti Sociali Bevande Alcoliche di Federvini che ha dichiarato “Siamo orgogliosi del successo di questa prima iniziativa che conferma l’importanza di sensibilizzare in particolare i più giovani, sul tema della moderazione. Abbiamo avuto un riscontro estremamente positivo dagli studenti coinvolti che hanno ben recepito il valore educativo di questo progetto. Contiamo di estendere ancora questo perimetro di collaborazione, interessando altre realtà accademiche italiane, con l’auspicio di coinvolgere le istituzioni”.
Nella tavola rotonda animata dagli interventi di Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini e di Giacomo Ponti, Presidente del Gruppo Aceti della Federazione si è discusso del valore del sistema IG e delle denominazioni DOP e IGP. Un valore che si distribuisce sui territori, sulle loro imprese, sui consumatori e sul posizionamento internazionale dell’enogastronomia italiana.
“Il valore delle IG è riconosciuto dal consumatore finale sia sul mercato italiano che su quello estero, facendo registrare un differenziale di prezzo tra vini DOC/DOCG e quelli da tavola sia in GDO (+228%) che sul fronte dell’export (+50%). Non solo indicazioni geografiche e territorio: tra i driver di scelta dei consumatori assume un ruolo importante anche il brand: a pensarla così sono il 21% dei consumatori, come rivela la consumer survey condotta da Nomisma per Federvini – ha dichiarato Albiera Antinori – Raccogliamo con fiducia questi dati, convinti che la strada della valorizzazione sia un percorso a senso unico: solo lavorando sulla qualità intrinseca e sul valore intangibile dei nostri prodotti saremo in grado di mettere al sicuro il nostro settore dalle tempeste che vediamo all’orizzonte. Al Governo chiediamo semplificazione ed un quadro normativo che favorisca la creazione di valore.”
“Gli attacchi che da più fronti hanno insidiato nei mesi scorsi alcuni tra i prodotti più caratterizzanti del patrimonio agroalimentare italiano, dall’Aceto Balsamico di Modena al Prosecco DOP, devono ricordarci che la battaglia per la tutela del Made in Italy ha un carattere prioritario per le imprese e per il Paese – ha sottolineato Giacomo Ponti – Nella dimensione del mercato globale in cui ci confrontiamo non possiamo derogare alla riconoscibilità della qualità e della particolarità dei prodotti di cui siamo ambasciatori nel mondo. Per questo chiediamo al Governo che, senza indugi, proceda quanto prima a promuovere un ricorso contro la Slovenia e Cipro. Sul Piano comunitario, invece, guardiamo con speranza alla riforma del Regolamento delle IIGG in corso in Europa per garantire al meglio il rispetto dell’autenticità dei prodotti, ponendo un freno alle imitazioni e falsificazioni che rischierebbero di causare un danno ai nostri comparti”.
Nel corso dell’Assemblea sono state presentati e diffusi i dati emersi dalle ricerche dell’Osservatorio Federvini in collaborazione con Nomisma e TradeLab. In particolare:
Andamento dell’export
Cresce nel 2022 rispetto all’anno precedente l’export di vino italiano nel mondo, con le eccezioni di Germania e Cina. Tra i mercati più ricettivi quello britannico (+46,5%) e giapponese (+25%). Record delle esportazioni di spiriti nazionali che lo scorso anno hanno prodotto un fatturato di 1.650 milioni di euro, +25% sul 2021. Bene anche l’aceto balsamico, con segno più a doppia cifra (+15% in valori rispetto al 2021) nei principali mercati di destinazione tra cui Stati Uniti e Germania.
Mercato del “fuori casa”
Notizie positive anche sul fronte dei consumi fuori casa, in ripresa dopo il periodo pandemico (+19% delle visite rispetto al 2021), che genera nel complesso un fatturato 93 miliardi di euro.
Le survey sul ruolo delle certificazioni di qualità e sulle campagne di consumo responsabile
Quale opinione hanno gli italiani dei marchi di qualità dei prodotti? Dall’indagine realizzata da Nomisma per Federvini emerge un quadro che vede i cittadini del Belpaese piuttosto avvezzi al tema delle certificazioni di qualità. La survey ha rivelato come il 53% del campione dichiari di conoscere il significato delle sigle DOP e IGP e li consideri una garanzia di qualità, mentre un terzo degli intervistati, pur ammettendo di non sapere, si dice interessato alla materia. Il 78% associa invece maggiore qualità ai prodotti certificati, il 74% alla tracciabilità del prodotto e il 68% alla sicurezza e ai controlli. Quale invece il livello di consapevolezza su vino, spiriti e aceti certificati? Il 62% dei consumatori ritiene che i vini DOC/DOCG/IGT rispettano specifiche caratteristiche qualitative e particolari metodi di produzione. Una percentuale che si attesta al 28% per gli spiriti certificati e al 47% per l’Aceto Balsamico di Modena IGP).
Quanto al comportamento dei consumatori di vino e spiriti, tracciato dalla survey “Analisi sul consumo responsabile delle bevande alcoliche” a cura di TradeLab, gli italiani si distinguono per un consumo virtuoso delle bevande alcoliche, quasi sempre associato al cibo e a momenti di convivialità. Nove su dieci consumano alcolici con moderazione (solo il 14% del campione dichiara di esagerare a volte). Il 78% li abbina sempre ai pasti.
Che cosa si intende con l’espressione “consumo responsabile”? Il 60% degli intervistati associa il concetto alla sicurezza, il 48% all’abbinamento al cibo e il 30% all’amicizia. Inoltre il 74% pensa alla capacità di evitare l’abuso di alcol e il 72% alla conoscenza delle problematiche e alle conseguenze correlate al consumo eccessivo. La ricerca rivela infine una sensibilità diffusa sull’argomento, con l’85% degli italiani che sente il tema vicino (il 60% delle persone tra i 18 e i 34 anni dichiara anche di volerne sapere di più). Sul profilo della comunicazione, il 64% del campione più giovane under 35 ritiene che sia un aspetto molto importante in termini di sensibilizzazione, percentuale che sale al 71% tra gli adulti (35-54 anni).