Inflitrazioni camorristiche nel gioco d’azzardo nel Lazio.

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Nelle più recenti indagini coordinate dalla DNA è emersa una vera e propria spartizione, da parte di clan riconducibili a tutte le mafie tradizionali, del controllo del mercato della raccolta illecita delle scommesse online, mediante l’utilizzo di un comune know-how. La tendenza delle famiglie appartenenti alle mafie tradizionali è oggi quella di operare illecitamente in modo congiunto e condiviso, quasi “federato”, al fine di massimizzare i profitti. E’ quanto riporta la nuova ricerca dell’Eurispes “Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio”, realizzata attraverso le attività del suo Osservatorio su Giochi, Legalità e Patologie, diretto da Chiara Sambaldi e Andrea Strata. Se l’interesse della criminalità organizzata verso la gestione del gioco illegale è di vecchia data e negli ultimi decenni si è ulteriormente ampliato (in ragione delle opportunità di riciclaggio ed arricchimento), lo sfruttamento del mercato legale e la sua infiltrazione si realizzano essenzialmente nell’esercizio di forme di controllo sugli esercizi commerciali regolarmente autorizzati, attraverso comportamenti estorsivi, l’imposizione di apparecchi da gioco nei bar e nei tabacchi e nell’apertura di punti di scommesse gestiti attraverso prestanome.
Per la complessità delle modalità operative – riporta l’Agenzia Agimeg -, alcune attività illecite vengono condotte attraverso professionisti dotati di specifiche competenze tecniche, come nel caso della manomissione degli apparecchi da gioco (schede elettroniche) allo scopo di alterare il collegamento alla rete dei Monopoli di Stato – “registrando” così un numero minore di singole giocate al fine di sottrarsi all’imposizione fiscale, o di alterare le percentuali minime di vincita previste dai regolamenti, in modo tale da introitare maggiori proventi. In alcuni casi, tale modus operandi prevede la collusione di pubblici ufficiali e/o appartenenti alle Forze di Polizia che omettono i previsti controlli amministrativi.
Come emerge dal lavoro di prevenzione e contrasto della Direzione Investigativa Antimafia sul territorio regionale, gli interessi illegali legati al settore del gioco e delle scommesse nel territorio del Lazio, e in particolare a Roma, vanno inquadrati nel contesto di una realtà criminale fortemente articolata.
Il Lazio è infatti un’area in cui la diffusione di ricchezza e le possibilità di investimento costituiscono una potenziale attrattiva per la criminalità organizzata che, anche al di fuori dei territori di originario insediamento, è principalmente interessata a riciclare e reinvestire capitali.
A ciò si aggiunga come la presenza sul territorio delle varie consorterie mafiose (extraregionali ed autoctone), nonché di altre e diverse fenomenologie criminali, è di fatto caratterizzata da un clima di tendenziale pacifica convivenza. Sono rari, infatti, i casi di contrapposizione violenta che, se correlati alla pervasività delle azioni criminali, assumono una rilevanza marginale. Le motivazioni di tale forma di compresenza sul territorio sono da ricercare nella differenziazione delle attività delinquenziali cui si dedicano le varie consorterie, nell’ampiezza e complessità del territorio di riferimento, e nella presenza di un tessuto economico che permette la coesistenza dei vari interessi. La miglior strategia per portare a compimento i propri interessi criminali sembra dunque quella di rendersi di fatto “invisibili”. Le consorterie hanno, quindi, adottato metodi operativi che, per quanto differenti, si caratterizzano tutti per la progressiva limitazione delle componenti violente e “militari”, che hanno ceduto il passo alla ricerca di proficue relazioni di scambio e di collusione finalizzate ad infiltrare economicamente il territorio.
Sono proprio queste caratteristiche di “silente” contaminazione che rendono il fenomeno del gioco illegale fortemente appetibile per le organizzazioni, al punto da avvicinarsi per redditività al narcotraffico e allo spaccio di stupefacenti.
Nella Relazione del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, si indica il progressivo affermarsi di un fenomeno nuovo: alla fittizia intestazione di beni ed attività a soggetti “puliti” da parte di esponenti mafiosi e alla compartecipazione sociale “a distanza” si affermano forme complesse di investimento delle ricchezze mafiose. Ciò avviene attraverso la penetrazione di un tessuto socio-economico ricco di potenzialità, come quello romano, le Mafie vi esportano interni pezzi del proprio business, delocalizzando e più spesso replicandovi attività, quali, in particolare, la commercializzazione delle sostanze stupefacenti ovvero la gestione delle sale gioco e delle slot machines. Si crea dunque una rete capillare attraverso di “rapporti di interscambio” tra esponenti di riferimento nei territori di origine e quelli aggregati sul territorio nel quale avviene l’”espansione”.
Tra le diverse organizzazioni nazionali, la Camorra è quella che sul territorio del Lazio sembra aver espresso il maggior grado di infiltrazione e specializzazione, attraverso la diretta gestione (talvolta d’intesa con soggetti criminali appartenenti a matrici diverse) di attività imprenditoriali correlate al settore dei giochi e delle scommesse, costituite o rilevate con il reinvestimento di capitali illeciti. ‘Ndrangheta e Cosa Nostra hanno individuato la Capitale ed il suo hinterland come aree di riciclaggio dei proventi illeciti, provenienti anche dalla raccolta di scommesse esercitata però in altre aree territoriali.
La criminalità pugliese è risultata, invece, presente in posizione di partnership con altre matrici criminali, in particolare quelle di origine campana e con organizzazioni autoctone della Capitale. cdn/AGIMEG

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