da PMI.it
L’ultimo report EF EP, realizzato da EF Education – società leader nel settore delle Vacanze Studio e nei servizi di formazione linguistica aziendale – per valutare la conoscenza dell’inglese di 88 Paesi nel mondo, rivela una correlazione diretta tra la conoscenza dell’inglese, la facilità di fare impresa, l’innovazione e l’indice di sviluppo umano, che classifica la qualità della vita di un Paese in base all’aspettativa di vita, all’istruzione e al reddito lordo pro capite.
Addirittura chi non parla inglese ottiene il 19% in meno di entrate dal lancio di nuovi prodotti e servizi, rispetto ai concorrenti con una migliore internazionalità nei team di gestione.
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Inglese: Italia maglia nera
Le imprese italiane tuttavia non sembrano comprendere l’importanza dell’inglese a livello economico come elemento chiave per rimanere competitive e promuovere l’innovazione in uno scenario di mercato sempre più globalizzato: l’Italia risulta essere penultima nell’Unione Europea. Una grave pecca considerando che la crescita dell’e-commerce ad un tasso medio del 20% annuo globale pone proprio nella conoscenza dell’inglese le basi per poter capitalizzare appieno questa opportunità.
La posizione dell’Italia è aggravata dal fatto che altri 22 Paesi in Europa dimostrano, di gran lunga, il più alto livello di conoscenza dell’inglese rispetto al resto del mondo. Al primo posto c’è la Svezia, seguita dagli altri Paesi nordici, che nel complesso presentano elevati livelli di inglese grazie ai solidi sistemi di istruzione, esposizione quotidiana all’inglese nei mass media ed una radicata cultura all’insegna del multilinguismo.
Va però sottolineato che in Italia, così come in Francia, si registra una crescita nel livello di conoscenza tra gli adulti rispetto all’anno precedente, ma in misura non sufficiente a cambiare le loro posizioni nella classifica, risultando rispettivamente al penultimo e all’ultimo posto nei Paesi dell’Unione Europea oggetto di studio e al 34esim9 e 35esimo nel mondo.
In questo contesto sicuramente non giova la decisione del Consiglio di Stato del 29 gennaio scorso, che proibisce agli Atenei di offrire corsi di laurea esclusivamente in inglese, basata sulla necessità di preservare la lingua italiana.
Inglese: il plus delle donne
In generale, ad essere più preparare nella conoscenza delle lingue sonole donne che parlano l’inglese meglio degli uomini, sia a livello globale che nella maggior parte dei Paesi, indipendentemente dalla regione, dalla ricchezza e dal livello di conoscenza complessivo. Un dato confermato in tutte le otto edizioni dell’EF EPI.
E anche su questo fronte le aziende non si dimostrano capaci di valorizzare a pieno il plus offerto dalla forza lavoro femminile e non lo valorizzano quanto potrebbero. A confermarlo il Rapporto sul divario di genere globale del World Economic Forum, che misura lo spazio delle donne rispetto agli uomini in termini di istruzione, emancipazione politica e salute: se si correlano i risultati dello studio con l’EF EPI diventa evidente come le organizzazioni che valorizzano l’uguaglianza di genere tendano ad essere più ricche, aperte e orientate all’estero.