«L’invecchiamento della popolazione italiana negli ultimi anni è stato particolarmente rapido e questo deve indurre ad alcune considerazioni che portano alla necessità di prendere misure non più rimandabili».
Biagio Ciccione, segretario generale della Uil Pensionati Campania, basa la sua riflessione su una serie di dati e sulle conseguenze che il fenomeno comporta. «Nel 2020, nel nostro Paese il 21% della popolazione aveva 65 anni e più; nel 2001 era il 16%. In Campania, la cui popolazione era un tempo tra le più giovani d’Italia, si è registrato un aumento dell’età media di due anni tra il 2020 e il 2022. L’invecchiamento interessa tutti i Paesi industrializzati e, a livello mondiale, si stima che nel 2050 la quota di ultra 65enni ammonterà al 35,9% della popolazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne)», afferma Ciccone, che poi passa ad esaminare le implicazioni: «L’aumento dell’aspettativa di vita ha già messo in crisi il sistema sanitario, quello assistenziale e quello previdenziale. Se in passato le malattie più ricorrenti erano quelle infettive e carenziali, da tempo si registra una preponderanza di quelle cronico-degenerative, caratterizzate da un lungo decorso e da un esito invalidante. Queste patologie impongono al sistema sanitario di adeguarsi per assicurare piani di prevenzione, monitoraggio della popolazione a rischio, controlli individuali e degenze non brevi».
L’invecchiamento della popolazione comporta conseguenze anche sul sistema assistenziale. «L’esito invalidante di molte delle patologie cronico-degenerative e i cambiamenti della “famiglia” comportano anche la necessità di un potenziamento dei servizi socio assistenziali perché assicurino, oltre ai necessari trattamenti riabilitativi, il mantenimento dell’autosufficienza e della qualità della vita dell’anziano».
C’è, poi, un altro aspetto da tenere in considerazione. «Una popolazione che invecchia, a parità di altre condizioni, ha l’effetto di diminuire il Prodotto Interno Lordo. Se diminuisce il numero di persone in età lavorativa – spiega il segretario generale della Uilp Campania – diminuisce ciò che producono. L’invecchiamento, poi, aumenta l’indice di dipendenza (numero di persone oltre i 65 anni per ogni 100 lavoratori) e questo, superata una certa soglia, mette a rischio il sistema pensionistico».
E proprio quello delle pensioni è un tema particolarmente spinoso. «Nel 2030 il sistema pensionistico italiano potrebbe implodere; non è una data a caso: è l’anno in cui andranno in pensione i figli del baby boom, cioè i nati nel meraviglioso biennio 1964-65 quando, in pieno miracolo economico, in Italia nacquero oltre un milione di bambini. Un picco di richieste di prestazioni pensionistiche che si tradurrà in un brutto colpo per il sistema se nel frattempo non si registreranno contemporaneamente una significativa crescita economica e una riduzione del debito pubblico».
Ciccone, conclude, elencando tutti i fronti sui quali è necessario agire per evitare che il sistema, nel suo insieme, collassi: «Per evitare di dover riconoscere pensioni inadeguate ai prossimi pensionati, occorre intervenire subito, non per fare ammenda dei molti errori commessi in passato, ma per sollecitare: politiche di sviluppo del Paese; diversi atteggiamenti rispetto all’immigrazione; nuovi modelli previdenziali».