Portato alla ribalta nell’estate 2022 da un trend topic da 203.6 milioni di visualizzazioni su TikTok, il termine quiet quitting è stato e continua ad essere al centro di un acceso dibattito. Si potrebbe tradurre con “dimissioni silenziose”, ma dietro le numerose interpretazioni dell’espressione, si nasconde in realtà un fenomeno noto: un sempre più diffuso senso di frustrazione correlato al lavoro – già messo in luce dalla Great Resignation (le dimissioni di massa verificatesi a partire dal 2021) – che induce a ripensare la cultura del sacrificio sul lavoro e a ricercare un migliore equilibrio tra vita privata e impiego.
Twenix, la piattaforma per migliorare l’inglese, ha elaborato un White Paper (WP) di approfondimento interamente dedicato al tema del Quite Quitting.
Di seguito, ecco una sintesi di alcuni dei dati più interessanti che si trovano all’interno del WP.
Secondo l’indagine State of the global workplace 2022 della società americana di analisi e consulenza Gallup:
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la percentuale media di engagement a livello globale è del 21%;
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negli Stati Uniti almeno la metà degli americani sembra composta da quiet quitters;
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l’Europa è ultima tra i continenti per coinvolgimento sul lavoro, con una percentuale del 14%;
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l’Italia si colloca all’ultimo posto in Europa con una percentuale di engagement del 4%.
A ben vedere, il fenomeno del quiet quitting non è una novità, ma sembra essere tornato sotto i riflettori con l’arrivo della pandemia: un evento che ha portato molti a ridefinire le priorità di vita e il proprio rapporto con il lavoro, cercando un migliore equilibrio esistenziale. Secondo un altro studio citato nel WP, il 95% degli intervistati considera la compatibilità con la vita privata l’aspetto più importante sul lavoro (a pari merito con la retribuzione).
«Il paradigma lavorativo tradizionale è stato totalmente ribaltato. Fino a poco tempo fa, nel mondo del lavoro si valorizzava il concetto dello sforzo, ma soprattutto del sovraccarico: era così ben visto che, nonostante non fosse ricompensato a livello economico e con possibilità di crescita interne all’azienda, veniva totalmente accettato. Oggi tutto questo è cambiato: si dà valore ai risultati, all’impegno, alla proattività e a tanti altri aspetti che hanno a che vedere con il vero impatto che hanno le persone all’interno delle organizzazioni», commenta in proposito Beatriz López Arredondo, specializzata nella direzione e gestione delle risorse umane, e oggi Head of People in Twenix, società spagnola attiva nel settore EdTech che offre percorsi di formazione in inglese a imprese e professionisti.
Ad essere meno disposti a scendere a compromessi sul lavoro sono in particolare i giovani Millennials e della Generazione Z, costretti a confrontarsi con un mercato del lavoro che dà loro scarse prospettive di stabilità e opportunità di crescita e inclini perciò a cercare la realizzazione personale anche in altri aspetti dell’esistenza.
Andare incontro a queste esigenze diventa dunque necessario per le imprese che vogliano provare ad arginare l’ondata di malcontento, specie se si considera che il tasso di quiet quitting appare maggiore
laddove la leadership aziendale si mostra incapace di conciliare gli obiettivi di business con le esigenze del personale, come segnalato da uno studio della Harvard Business Review.
«Il management oggi sta cambiando: dobbiamo capire le preoccupazioni, le motivazioni e gli equilibri dei nostri team, la voglia che hanno di continuare a crescere, il loro stato di maturità e le loro priorità di formazione» prosegue Beatriz López Arredondo. «Le aziende devono creare spazi, dinamiche, progetti e avanzare proposte per conoscere lo stato psico-fisico-emozionale dei propri lavoratori. Opzioni che includono, naturalmente, percorsi educativi e di formazione: le grandi imprese e multinazionali hanno sempre offerto perks e benefit, ma sempre più aziende piccole, medie o startup si stanno muovendo in questo senso, proponendo possibilità di home office, flessibilità oraria, un piano di wellbeing aziendale».
Wellbeing che passa anche attraverso la formazione, un aspetto fondamentale sia per le aziende, che sentono l’esigenza di una forza lavoro pronta ad adeguarsi a un mercato in continua evoluzione, che per i dipendenti. Infatti, uno studio condotto nel maggio 2022 da Twenix dal titolo Perché l’inglese è ancora un ostacolo nella tua azienda (e come superarlo) rivela che per un italiano su due l’inglese nel mondo del lavoro rappresenta ancora un ostacolo: sebbene il 93% degli intervistati ne riconosca l’utilità in ambito lavorativo, il 52% di essi si blocca nel momento di intavolare una conversazione. Lo speaking infatti è ancora il grande scoglio degli italiani, nonostante chiamate, meeting o eventi con colleghi anglofoni siano ormai all’ordine del giorno.
«Secondo quanto riferisce GoodHabitz, sebbene l’80% dei professionisti abbia necessità di formarsi, solo il 15% di essi decide di intraprendere un percorso formativo. Questa voglia di autoformarsi a volte non si concretizza per una questione economica, di priorità, di impegni», spiega Beatriz López Arredondo. «Le cose cambiano se è la compagnia a offrire ai propri dipendenti una possibilità per formarsi in inglese».
Affinché possa essere proficuo, un percorso di formazione deve però garantire una spendibilità nella vita professionale di tutti i giorni. Troppo spesso questo non accade: il limite con cui tanti si scontrano è un metodo di insegnamento vecchio stampo, teorico, fatto di lezioni in presenza e ore di studio a casa, che spesso non è in grado di assicurare i risultati sperati, perché inadeguato alla realtà lavorativa, in cui è richiesto soprattutto un sapere pratico. «Imparare divertendosi e sulla base delle proprie esigenze è, secondo noi, anche il miglior modo per apprendere o migliorare l’inglese» conclude Beatriz López Arredondo. «Avere totale libertà nel parlare inglese e nello scegliere tematiche per cui davvero si prova interesse permette di sentirsi autonomi e di concentrarsi su qualcosa di realmente utile per la propria crescita».
l WP è in allegato al comunicato stampa, insieme ad un’infografica riassuntiva dei dati principali. Tutti i materiali sono utilizzabili liberamente dalle testate interessate, citando la fonte.
Cos’è Twenix
Twenix è un Ed-Tech linguistica che aiuta professionisti e aziende a potenziare e migliorare la comunicazione in inglese, grazie a lezioni di 26 minuti di pura conversazione, con professori di tutto il mondo. L’obiettivo è quello di consentire sempre più ai professionisti di sentirsi a loro agio parlando in inglese e che questa lingua non sia più un ostacolo che impedisce loro di crescere professionalmente. Lo scopo è far sì che gli studenti vedano Twenix come una nuova abitudine, qualcosa che formi parte della loro quotidianità, in maniera personalized, simple & fun.