Napoli e le sue tradizioni: dovremo scendere a compromessi con il turismo?

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Napoli, una città dall’anima profonda e dai colori intensi, sta vivendo una trasformazione inarrestabile. Con l’esplosione del turismo negli ultimi anni, la città partenopea ha visto le sue strade riempirsi di visitatori da ogni parte del mondo vogliosi di conoscere la cultura e le bellezze che queste strade possono offrire.

 

Se da un lato questa ondata di interesse ha portato nuova linfa all’economia locale, dall’altro rischia di compromettere l’essenza stessa di Napoli. Il centro storico, un tempo cuore pulsante della vita cittadina, si sta lentamente trasformando in una vetrina per turisti, spesso a scapito delle necessità e delle tradizioni dei napoletani stessi. Le continue chiusure di attività storiche, come negozi e botteghe artigiane, sono il segnale di un cambiamento che in molti vedono come una minaccia all’identità della città. E sebbene le attività legate al food sembrino resistere, anche loro stanno risentendo di questa tendenza. Annamaria Chirico, titolare dell’omonima azienda “Chirico” e creatrice dell’iconica latta per la conservazione del grano, esprime preoccupazione: “La tradizione non è solo una questione di ricette, è l’anima della nostra città”.

 

Napoli e le sue tradizioni: addio alle piccole botteghe che parlano di noi

Il centro storico di Napoli, riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità, è da sempre custode di storie, sapori e mestieri. Eppure, proprio in quelle stesse strade che una volta raccontavano la quotidianità dei napoletani con i colori e i suoni tipici richiamati dai più illustri pittori e scrittori, oggi si assiste alla chiusura di botteghe secolari.

L’aumento del turismo ha certamente rappresentato una svolta per l’economia locale, ma non senza conseguenze. Gli spazi che un tempo ospitavano botteghe artigiane, librerie e negozi che hanno fatto la storia, oggi lasciano il posto a strutture pensate per i turisti. Un esempio emblematico è la recente chiusura di uno storico negozio di vinili, che dopo 40 anni ha dovuto abbassare la serranda per sempre. Una perdita che si aggiunge alle molteplici chiusure avvenute negli ultimi anni.

Tuttavia, le botteghe alimentari che parlano di “tradizione culinaria” sembrano essere un’eccezione, attirando frotte di turisti curiosi di assaporare i sapori autentici della cucina napoletana. Non è un caso che Ancel Keys, il più grande fisiologo del Novecento, avesse individuato nello stile alimentare del nostro Sud la ricetta del futuro e per arginare la diffusione del cibo “fast” e commerciale. Ma anche in questo settore, la pressione del turismo sta facendo sentire il suo peso. “Il nostro cibo è la voce della nostra cultura”, afferma Annamaria Chirico. “Ma se iniziamo a concentrarci troppo sulle esigenze dei turisti, rischiamo di perdere il legame con chi siamo veramente”.

Parole, le sue, che sottolineano il pensiero già espresso anche dal l’assessore regionale al Turismo Felice Casucci. Il turismo napoletano è senza dubbio una ricchezza per la città, ma occorre che sia un vantaggio e non un danno per la cultura stessa della città. Come sostiene la stessa Annamaria:“Il turismo può aprirci a nuove prospettive e possibilità, ma abbiamo una grande responsabilità: raccontare agli altri il cuore e lo spirito della nostra terra. E come possiamo farlo se perdiamo noi stessi e le nostre radici?”.

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