Nel percorso per l’individuazione di fonti alternative di finanziamento per le misure stralciate dal Pnrr, “può essere importante valorizzare al massimo il coordinamento degli interventi del Piano con le programmazioni europee. L’utilizzo delle risorse della programmazione 2021-2027 dei Fondi europei per la coesione può infatti rappresentare uno strumento utile a ‘mettere in sicurezza’ gli interventi del Pnrr che presentano criticità. L’operazione andrebbe pianificata il prima possibile”. Lo dichiara lo Svimez, che ha partecipato all’audizione in Senato sullo stato di attuazione del Pnrr, precisando che “tale operazione non può prescindere dalla necessità di prevedere il possibile utilizzo del Fondo di rotazione nazionale come copertura temporanea degli interventi da rifinanziare con i fondi europei, aventi particolare valenza sociale (come gli interventi di riqualificazione delle periferie delle Città metropolitane) e con avanzato stato di attuazione”.
Rispetto a un possibile ricorso a risorse della coesione nazionale, secondo lo Svimez “il tema della concentrazione territoriale delle stesse rende complicato un eventuale utilizzo del Fondo nazionale per lo sviluppo e la coesione (Fsc) per finanziare gli interventi esclusi dal Pnrr, dal momento che per questo fondo sussistono previsioni normative che riservano l’80% delle proprie risorse a favore delle regioni del Mezzogiorno. Si tratta di un tema che investe, più in generale, le proposte di modifica degli interventi contenuti nel PNRR, che devono comunque sempre preservare il vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno del 40% del totale delle risorse territorializzate e territorializzabili”. Di conseguenza, l’eventuale finanziamento attraverso i Fondi europei per la coesione e l’Fsc di interventi del Pnrr, soprattutto se localizzati esclusivamente o prevalentemente nel Mezzogiorno, “non può prescindere dall’individuazione di nuovi interventi che preservino l’ammontare di risorse attualmente destinato alle regioni meridionali”.
A causa delle difficoltà delle amministrazioni meridionali, ma non solo, a intercettare le risorse, “è necessario tuttavia che si apra una riflessione più ampia sull’impostazione del Pnrr”, si legge nella relazione dell’associazione. “Mettere in competizione le amministrazioni locali ha significato perdere di vista i beneficiari finali degli investimenti: cittadini e imprese. Il sistema dei bandi ha interessato molti degli interventi sulle infrastrutture sociali ma anche altri ambiti fondamentali dei servizi territoriali, quali la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni o quelli, assolutamente strategici, volti a migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare. Difetti di impostazione che si sono tradotti in un processo di attuazione incerto che richiederà interventi più decisi volti a rafforzare la governance territoriale nelle regioni a minore capacità amministrativa”. (AdnKronos)