Alluvione in Emilia-Romagna: si può parlare di emergenza?

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dall’Ing Donato Cancellara riceviamo e pubblichiamo

Quando si verificano disastri di natura idrogeologica in aree “povere” dell’Italia non si perde tempo a puntare il dito contro coloro che ricoprono ruoli di responsabilità nel governo del territorio, mentre quando si verificano analoghi disastri in aree “ricche” dell’Italia si grida al fato, alla eccezionalità dell’evento, alla imprevedibilità, alla sfortuna. Una disparità di trattamento, da parte di molti mezzi di informazione e non solo, alquanto stucchevole ed irritante. Mi riferisco, ovviamente, all’alluvione dell’Emilia-Romagna e penso anche a quella di Ischia del 22 novembre 2022 quando il  Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, sentì la necessità di affermare “basterebbe mettere in galera il Sindaco e tutti quelli che lasciano fare”, perché “i sindaci non devono lasciare costruire”. Cosa dice il Ministro sul caso Emilia-Romagna o pensa che nella “ricca” regione non ci siano Sindaci, amministratori o governatori a cui rivolgersi?

Vorrei partire proprio dalle responsabilità di un Sindaco e cosa può fare per evitare situazioni come queste che stiamo vedendo in Emilia-Romagna.

Penso convenga partire da cos’è il PUG (Piano Urbanistico Generale) facendo esplicito riferimento alla Legge Regionale n. 24 del 2017 dell’Emilia-Romagna che introduce alcuni obiettivi di assoluta novità per uno strumento di pianificazione su scala comunale, almeno sulla carta, tra cui:

 

  1. contenere il consumo del suolo, inteso quale bene comune e risorsa non rinnovabile che svolge, con le infrastrutture verdi, funzioni importanti per l’ambiente urbano e produce i servizi eco-sistemici indispensabili per la prevenzione del dissesto idrogeologico e la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici;

 

  1. favorire la rigenerazione urbana dei territori urbanizzati e il miglioramento della qualità urbana ed edilizia, con particolare riguardo alle condizioni di vivibilità delle aree urbane anche in termini di qualità ambientale ed ecologica. Con la rigenerazione urbana la legge indica chiaramente l’obiettivo di riqualificare la città esistente, di sviluppare i servizi per la vita delle popolazioni e di coinvolgere le comunità locali nelle scelte di trasformazione;

 

  1. tutelare e valorizzare il territorio nelle sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche favorevoli al benessere umano e alla conservazione della biodiversità e di habitat naturali.

 

Ricordiamo che i nuovi PUG, a regime, dovranno prendere il posto degli attuali Piani Strutturali comunali (PSC), Piano operativi Comunali (POC), Regolamenti urbanistici edilizi (RUE) quale strumentazione per il governo delle trasformazioni del territorio comunale introdotta dalla Legge Regionale 20/2000 dell’Emilia-Romagna che a sua volta sostituisce il vecchio Piano regolatore generale (PRG) ed il Regolamento Edilizio.

Con questa premessa mi chiedo: cinque anni fa, nel 2017, si parlava di contenere il consumo del suolo, favorire la rigenerazione urbana, tutelare e valorizzare il territorio, c’è qualcosa di coerente tra gli obiettivi prefissati nella pianificazione urbanistica e le scene che stiamo vedendo? Inoltre, mi chiedo: coloro che hanno responsabilità nel governo del territorio – a livello regionale, provinciale e comunale – non hanno nulla da dire oppure preferiscono gridare, così come stanno facendo, alla imprevedibilità ed alla eccezionalità? L’Autorità di Bacino, gli Uffici di Pianificazione territoriale e Difesa del Suolo ed i Consorzi di Bonifica, non hanno nulla da dichiarare sul loro operato negli ultimi decenni?

Solo pochi giorni fa, Paolo Pileri, Professore ordinario in Pianificazione e Progettazione Urbanistica presso il Politecnico di Milano, evidenziava che secondo i dati  tratti dal rapporto annuale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) sul “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici del 2022,  è possibile affermare che tra il 2020 e il 2021 l’Emilia-Romagna è stata la terza Regione italiana per consumo di suolo (658 ettari cementificati in un solo anno, pari al 10,4% di tutto il consumo di suolo nazionale), l’Emilia-Romagna è arrivata ad avere una superficie impermeabile dell’8,9% contro una media nazionale del 7,1%, la provincia di Ravenna è stata la seconda provincia regionale per consumo di suolo nel 2020-2021 (più 114 ettari, pari al 17,3% del consumo regionale) con un consumo procapite altissimo (2,95 metri quadrati per abitante all’anno); la provincia di Ravenna è stata quarta per suolo impermeabilizzato procapite (488,6 mq/ab), la città di Ravenna è stato il capoluogo più consumatore di suolo dell’intera Regione nello scorso anno (più 69 ettari); l’Emilia-Romagna è la Regione d’Italia al primo posto per cementificazione in aree alluvionali.

Nonostante i numeri non lasciano ambigue interpretazioni, in Italia piace raccontare mezze verità e nascondersi dietro la parola magica Emergenza. Nel caso dell’Emilia-Romagna si parla continuamente di Emergenza addirittura rievocando, in modo imbarazzante, il terremoto verificatosi nel 2012. Eventi completamente differenti, ma accomunanti da una similare strategia politica.

Le terre di Romagna vengono allagate per la seconda volta, nell’arco temporale di circa un mese, e le Istituzioni gridano all’emergenza? La parola emergenza sottende una circostanza imprevista quindi inaspettata, ma è proprio così? Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra del 2021, il 93,9% dei Comuni italiani è a rischio frane, alluvioni e/o erosione costiera che, tradotto in numeri, significa 1,3 milioni di abitanti a rischio frane e 6,8 milioni a rischio alluvioni.

Il rapporto evidenzia che le regioni più a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria.

Vale la pena evidenziare che l’Ispra classifica le aree allagabili in Italia in base a tre scenari di probabilità: elevata, media e bassa probabilità di alluvioni. Nel primo scenario rientrano le aree allagabili da alluvioni con tempi di ritorno compresi tra i 20 e i 50 anni; nel secondo scenario con tempi di ritorno compresi tra 100 e 200 anni, mentre nel terzo con tempi di ritorno superiore ai 200 anni.

L’Emilia-Romagna è la seconda regione d’Italia con la quota più grande di territorio a elevata probabilità di alluvione (11,6%) ed è al primo posto per percentuale di territorio con la probabilità di alluvione media.

Penso che la parola più appropria non sia Emergenza bensì mala gestione del proprio territorio accompagnata da una buona dose di ipocrisia: l’Emilia-Romagna è la Regione d’Italia al primo posto per cementificazione in aree alluvionali ed al primo posto per percentuale di territorio con la probabilità di alluvione media.

Le competenze sulla valutazione della pericolosità idraulica, quindi anche sul rischio idraulico,  andrebbero ricercate a livello delle Istituzioni della specifica Regione. Tuttavia, non possiamo non sottolineare che il Sindaco risulta l’Autorità rappresentante tutti i cittadini del Comune che amministra. È ovvio che una pianificazione urbanistica non può acconsentire l’edificazione in aree potenzialmente alluvionali, quindi il Sindaco, per il tramite dell’Ufficio tecnico, non può soprassedere, senza pronunciarsi, su progetti incompatibili con la riduzione del rischio idraulico. Il Sindaco non può esimersi dal sollevare perplessità, tramite l’Ufficio tecnico, sulle incompatibilità tra la mappa di pericolosità idraulica e quelle associate al Piano strutturale comunale oppure al più innovativo Piano urbanistico generale.

Mi chiedo: la colpa di quanto si è verificato in Emilia-Romagna andrebbe ricercata nella imprevedibilità/eccezionalità dell’evento oppure in coloro i quali non hanno saputo rispettare il proprio habitat naturale con la inevitabile conseguenza di far scatenare una natura che si riappropria di quegli spazi violati e stuprati dall’uomo in modo irresponsabile e per il soddisfacimento di una irrefrenabile ingordigia?

Ing. Donato Cancellara

Ass. VAS per il Vulture Alto Bradano

Coord. SiP – Vulture Alto Bradano

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