Si è tenuta oggi Napoli la terza edizione del Meeting POST-ESMO, un incontro promosso da Women for Oncology (W4O) Italia per confrontarsi sulle più recenti novità della ricerca scientifica per la diagnosi e il trattamento dei tumori e per accendere i riflettori sulle differenze di genere ancora troppo spesso presenti nella professione medica e in particolare in oncologia. Nonostante i significativi passi avanti compiuti rispetto al passato, il traguardo delle pari opportunità è ancora lontano da raggiungere, soprattutto se si guarda ai ruoli apicali e di maggior prestigio: in Italia solo il 15% dei 223 primari di oncologia è donna. La città di Napoli ha ospitato l’evento a pochi giorni dal congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), il più importante appuntamento annuale in ambito oncologico e che quest’anno ha visto circa 29.000 partecipanti, oltre 2.200 abstract presentati, con intere sezioni dedicate anche ai pazienti.
Durante l’incontro si è parlato dei principali risultati presentati al congresso ESMO: dai nuovi dati relativi alla sopravvivenza dei pazienti con tumori ginecologici, al polmone e alla mammella, agli aggiornamenti dal punto di vista terapeutico. La giornata di approfondimento – sotto la direzione scientifica della Professoressa Erika Martinelli dell’Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli di Napoli, tra le socie fondatrici di W4O – ha ospitato gli interventi di alcuni tra i massimi esponenti dell’oncologia nazionale, che hanno contribuito a fare un punto sulla situazione nel nostro Paese. In Italia nel 2019 si stimano circa 371.000 nuovi casi di tumore, un dato allarmante se si pensa che complessivamente ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi. I numeri si riducono andando dal Nord al Sud del Paese: il tasso d’incidenza per tutti i tumori è tra gli uomini più basso del 4% al Centro e del 14% al Sud rispetto al Nord e per le donne rispettivamente del 5% e del 17%. Per contro, sono spesso peggiorative le statistiche legate alla sopravvivenza. In Campania, per esempio, si registra una percentuale di sopravvivenza a 5 anni per tutte le tipologie di tumore pari al 50% (rispetto al 61% della Valle D’Aosta). La Campania rappresenta, inoltre, la regione italiana con la più alta incidenza di tumore al polmone tra gli uomini, con 112 casi per 100.000 abitanti (mentre è la Lombardia a detenere questo primato per le donne)[1].
“I dati relativi all’incidenza dei tumori nella regione Campania sono molto simili a quelli nazionali, anche se risultano in leggero aumento le diagnosi di tumore della mammella, tumore al colon-retto e al polmone anche nelle donne – ha dichiarato Erika Martinelli, Professore Associato Oncologia Medica Dipartimento di Medicina di Precisione Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli Napoli – Si assiste però a una riduzione della mortalità grazie alla gestione dei pazienti nell’ambito della Rete Oncologia Campana e alla creazione del Comprehensive Cancer Care Network, un modello di gestione unitario dei percorsi di diagnosi, cura e ricerca in campo oncologico unico in Europa. Unica nota dolente resta la ancora scarsa aderenza della popolazione campana ai programmi di screening. Da donna e oncologa credo sia fondamentale sensibilizzare il più possibile le cittadine e i cittadini affinché vengano seguiti corretti percorsi di prevenzione”.
Nella ricerca scientifica e clinica volta a trovare cure e terapie sempre più innovative ed efficaci per il trattamento dei tumori, le donne giocano un ruolo sempre più significativo, come testimoniato dagli studi presentati nel corso dell’ultimo congresso ESMO: sebbene le donne medico, le iscritte alle facoltà di medicina e le specializzande in oncologia siano sempre di più, spesso oltre la metà, rispetto ai colleghi uomini, trovare una donna ai vertici nel settore è raro, specularmente a quanto accade in Italia. Basta vedere la percentuale di donne oncologhe che risultano primi autori nei lavori scientifici per averne una chiara fotografia: rappresentano solo il 38%, a fronte del 62% di autori uomini. E la disparità di genere diventa ancora più significativa se si guarda all’indice H delle pubblicazioni scientifiche, un parametro che va a misurare quanto un autore è prolifico – analizzando il numero di lavori pubblicati – e quanto la sua ricerca è in grado di generare un impatto nell’ambito della comunità scientifica – analizzando quanto i suoi articoli vengono citati da colleghi: le ricercatrici in oncologia risultano meno prolifiche e “influencer” degli uomini, con un indice H medio pari a 15, contro il 25 maschile.
“Le ricercatrici italiane sono note a livello internazionale per i loro studi sulle patologie oncologiche, ma, nonostante questo, ancora persiste un’importante disparità di genere. Faticano, infatti, ad avere dei riconoscimenti alle loro carriere – ha dichiarato la Professoressa Marina Chiara Garassino, Presidente di Women for Oncology Italy e Responsabile Oncologia Toraco polmonare Dip. Medicina Oncologica Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori Milano – Per questo auspichiamo che le Istituzioni, a partire dal nuovo Ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal nuovo Ministro alle Pari Opportunità, Elena Bonetti, colgano il nostro appello a trovare risposte alla disparità di genere che ancora sussiste in ambito scientifico e medico, in particolare per colmare il gap che permane tra i riconoscimenti internazionali e i percorsi di carriera”.
Una strada diversa si può e si deve tracciare. Ne sono una dimostrazione le nove oncologhe che hanno dato vita nel 2016 a Women for Oncology Italia, sezione italiana dell’omonima associazione internazionale: tutte under 50 e tutte ai vertici, hanno scelto di offrire un contributo in prima persona, parallelamente ai propri incarichi clinici e accademici, allo sviluppo e consolidamento di una classe dirigente al femminile più numerosa e preparata ad affrontare e vincere le sfide legate al gender gap ancora esistenti nell’oncologia italiana.