Ingegneria edile e stile liberty: un tributo all’ing. Gioacchino Luigi Mellucci

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Sovente nel campo della tecnica accade che una triste sorte attenda pionieri, progettisti, costruttori, imprenditori visionari giacché a solo pochi decenni dalla loro dipartita ecco andare pian piano sparendo dalle luci della notorietà non solo i loro nomi ma anche il ricordo di tutti i loro successi: difficile che cali il sipario della dimenticanza sopra la biografia e sulle opere di un letterato di fama – benché antico – assai facile invece soccombere sotto il peso dell’indifferenza e della volubilità del gusto estetico per un ancorché celebre ingegnere del passato.
Ebbene, a breve ricorreranno i 150 anni dalla nascita dell’ingegnere partenopeo Gioacchino Luigi Mellucci: il suo nome, o meglio, il suo cognome non risuona nei manuali scolastici alla pari degli architetti Nervi, Ponti, Costa (giusto per citarne alcuni) ma giace in disparte, noto unicamente ai meglio informati. Eppure, la sua competenza nell’impiego del calcestruzzo armato l’aveva reso durante gli anni del ventennio uno fra i più richiesti progettisti sia in ambito pubblico sia in ambito privato; infatti, sue furono le terme di Agnano, il teatro augusteo e la funicolare centrale, sì come le facciate di innumerevoli palazzi delle più prestigiose città italiane, dalla Lombardia al Molise. Però, fu indubbiamente la sua città natia a fornirgli maggiori possibilità di espressione tecnica ed artistica, tant’è che in breve tempo divenne coralmente riconosciuto quale uno dei migliori promotori ed interpreti dello stile liberty a Napoli. Figlio del secolo XIX al tempo della seconda rivoluzione industriale, di nobili ed illustri natali sia per parte materna che paterna, nativo del comune casertano di Curti, si formò alla Regia Scuola d’Applicazione di Napoli e, da studente, visitò centri storici, monumenti ed edifici principali delle più ricche ed avanzate città del neodefunto Regno delle Due Sicilie. Tuttavia, nei primi anni del XX secolo avvenne l’incontro che gli risultò essere cruciale per l’orientamento della sua futura attività edile: in occasione di un progetto per il Werkbund all’esposizione di Colonia, conobbe il grande urbanista tedesco Walter Gropius, fondatore delle Officine Fagus e del Bauhaus. Anche lo stadio Artemio Franchi di Firenze, recentemente al centro di un dibattito circa la natura dei provvedimenti da prendere per la sua tutela e conservazione, reca la firma dell’ingegner Mellucci. Purtroppo, la vita del valente progettista si concluse anzitempo, a soli 68 anni, quando l’Italietta, tutta presa dallo sforzo bellico, non aveva tempo di interessarsi a celebrare l’acume e le gesta di un grande che periva. Quindi, è proprio il caso di dire che questa memoria gliela dobbiamo, in segno di gratitudine e di riconoscenza verso l’ingegno di chi ci ha lasciato in eredità la possibilità di godere e di ammirare beni e capolavori tanto duraturi quanto di pubblica utilità.
Gianmarco Savini
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