a cura de Il Giornale delle Partite Iva
“L’equo compenso deve essere un diritto di tutti i lavoratori autonomi, concretamente esigibile da ogni professionista. Le proposte in campo al momento non rispettano tale principio”. Lo dichiarano in una nota congiunta Acta, Alta partecipazione e Colap ribadendo che, “pur apprezzando il rinnovato interesse della politica per il lavoro autonomo professionale, vi è il concreto rischio di perseguire un obiettivo giusto utilizzando strumenti che realizzano effetti diametralmente opposti agli intenti”.
“Dobbiamo rilevare -continuano le associazioni- che le proposte presentate al Senato e alla Camera dei deputati lasciano fuori tutti i lavori autonomi non iscritti agli ordini e ai collegi professionali, in palese antitesi non soltanto allo spirito e alla ratio dei provvedimenti degli ultimi anni, ma anche al combinato disposto degli articoli 3, 35 e 36 della Carta Costituzionale”.
“Oltre a lasciare fuori -sottolineano- un’ampia fetta del mondo professionale, così come declinato il diritto all’equo compenso rischia di non poter essere concretamente fruito dai professionisti, poiché diviene esigibile soltanto ex post, ovvero soltanto tramite l’esperimento di una azione giudiziaria del professionista nei confronti del proprio committente”. “Un obbligo di azione giudiziaria -chiariscono- che pone a carico del professionista, oltre il rischio sulla futura committenza, gli oneri della causa e l’incertezza dei tempi del processo civile che nel nostro Paese sono estremamente dilatati, e a carico di un sistema giudiziario già inflazionato il costo dell’attivazione e della gestione di nuovi contenziosi”.
“Il tutto -continuano- mettendo sullo stesso piano diverse tipologie di committenza: pubblica amministrazione, imprese grandi, medie, piccole e micro, studi professionali, consumatori finali. Fattispecie estremamente eterogenee tra loro proprio in termini di rapporti di forza contrattuali tra le parti. In tal senso -auspicano- occorre regolare concretamente tali rapporti quando vi è uno squilibrio significativo tra il professionista e il proprio committente e lasciarli al libero mercato quando tale gap non c’è. E concretamente significa ex ante, non ex post al termine di un lungo e costoso iter giudiziario”.
“I professionisti italiani, ordinistici e associativi -chiedono le associazioni- hanno diritto non soltanto al riconoscimento di compensi proporzionati alla qualità e quantità delle prestazioni erogate, ma anche e soprattutto all’effettivo e pronto incasso di tali compensi”. Per tali ragioni Acta, Alta partecipazione e Colap chiedono congiuntamente che venga introdotto e disciplinato l’equo compenso nei rapporti tra Pubblica amministrazione (intesa come enti pubblici e società ed enti a partecipazione pubblica) e professionisti (ordinistici e associativi).
E, ancora, che tale disposizione operi ex ante, e non ex post soltanto all’attivazione di una azione giudiziaria, ovvero che in tali rapporti la pubblica amministrazione negli appalti, nei bandi, negli affidamenti e negli incarichi non possa derogare ai livelli minimi prestabiliti, e che tali criteri, in ossequio ai principi sopra richiamati, disciplinino l’equo compenso dei professionisti in modo unitario (sia per gli ordinistici che per gli associativi).
Infine, chiedono che sia immediatamente attivato il Tavolo previsto dall’articolo 17 della legge 81 del 2017 (Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo) e che in quella sede vengano prontamente affrontate tali tematiche.