Ha allietato la serata il Maestro Gaspare Maniscalco, violinista plurilaureato, che proviene da una famiglia di musicisti, con un grande talento eclettico che gli permette di muoversi straordinariamente, tra i diversi generi musicali.
Il Premio, ideato dal Maestro Armando Jossa, Direttore Artistico (pittore, scultore e ideatore della Paraideaolia), da Donatella Cotesta (Regista e Sceneggiatrice) e da Barbara Empler (Avvocato), ha ottenuto anche negli anni passati, un ampio riscontro di consensi, ed è nato per rendere omaggio al tenore italiano più famoso del mondo, orgoglio della cultura partenopea, (che agli esordi della carriera soffrì l’incomprensione proprio della città di Napoli) con l’intento di mantenere vivo nei cuori, la “cultura del passato” per coniugarla con quella attuale, come sintesi e unione perfetta dei Tempi.
Il ricordo di questo grande artista è doveroso, a partire da noi che lo abbiamo conosciuto attraverso i ricordi dei nostri nonni, emigrati dal sud a Milano, in cerca di fortuna con i loro figli, come accadde anche a lui e a milioni di emigranti italiani nel mondo.
Personalmente sono onorata dell’invito a condurre la serata, da parte dell’amica e regista Donatella Cotesta e del Maestro Jossa, perché il nome Caruso, oltre a ricordare la mitica canzone di Lucio Dalla a lui dedicata, mi fa tornare alla mente il suono particolare e malinconico del grammofono con i dischi di vinile a 78 giri, (firmato “La Voce del padrone”), che mio papà conservava nel suo laboratorio e appartenuti ai miei nonni, grandi estimatori del tenore e della musica napoletana.
Enrico Caruso è considerato una delle prime “popstar” a livello mondiale, agli albori del ’900, riconosciuto dal gran pubblico da New York a Buenos Aires e poi… a Napoli. Immigrato negli Usa, corteggiato e invidiato dal “bel mondo”, amato dai connazionali immigrati come lui negli Stati Uniti, è stato un grande innovatore anche per l’uso delle tecnologie allora disponibili: il grammofono. Infatti è il primo a incidere la propria voce su un disco, ed è con l’opera “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, che venderà più di un milione di copie. Un successo planetario.
Incidendo canzoni liriche o napoletane, Caruso rese la musica accessibile a tutti, riuscendo ad abbattere le barriere del tempo e dello spazio, perché per la prima volta non era più necessario recarsi a teatro, al cafè chantant o in un locale privato, per ascoltare musica. Fu grande fautore di una rivoluzione culturale, come è accaduto con l’avvento delle nuove tecnologie legate all’immagine e alla musica, nell’era digitale.
Per il centenario della morte del famoso tenore, il Premio si arricchisce della “Sezione Vertical Movie”, per ricordare non solo la star che rese famosa Napoli nel mondo, ma anche l’evoluzione nell’uso della tecnologia, come strumento di diffusione della Musica de delle immagini… dal grammofono allo smartphone, appunto, con le riprese in verticale.
Il Premio “Caruso da San Giovanniello a New York“, rappresenta un inno alla libertà per tutti coloro che contribuiscono con l’arte e la cultura, alla valorizzazione della straordinaria esistenza umana del grande Caruso, nel mondo della Musica e del “Bel canto”.
La storia del grammofono e della sua fortuna, è legata a due città, Milano e Napoli, e alla voce di Enrico Caruso, primo divo discografico, che cominciò a incidere dischi nel 1902, diventando una delle prime “star” dell’era del grammofono con le oltre 290 registrazioni nei primi due decenni del XX secolo.
I premiati della serata: Francesco Malapena, tenore; Maurizio Raimondi Patriarca della chiesa Cattolica Romana Fidelis; Principe Paolo Di Giovine; Demetra Hampton (premio alla carriera); Principe Alberto Olivieri; Cav. Alexandru Cazzaniga; Vescovo Filippo Ortenzi; Principe Lanza; Domenico Di Butera; Principe Lanza; Toni Ciprian di Butera; Giuliano Simonetti (produttore cinematografico) premio alla carriera.