Giovedì 13 aprile nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Napoli si terrà una giornata di studi dedicata a Bruno Starita, un omaggio alla poetica e alla tecnica del grande Maestro dell’Incisione.
Dopo i saluti istituzionali di Rosita Marchese e Renato Lori Presidente e Direttore dell’Accademia, interverranno Giovanna Cassese Docente di Storia dell’Arte Accademia di Belle Arti di Napoli, Rita Bernini dell’Istituto nazionale per la Grafica, Erminia Mitrano docente di Tecniche dell’Incisione- Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Un importante momento che vuole porre l’accento su uno dei più grandi protagonisti della grafica contemporanea, docente dell’Accademia di Napoli dal 1970 al 2005, Bruno Starita, le cui opere sono conservate in molti musei italianie presente anche nella collezione della GAN – Galleria dell’Accademia, ha formato intere generazioni di artisti, ad arricchirne il racconto saranno anche le testimonianze di Lorella Starita Storica dell’arte e figlia dell’artista e Aniello Scotto – docente di Tecniche dell’Incisione- Grafica d’Arte Accademia di Belle Arti di Napoli.
In occasione della manifestazione nell’antisala dell’Aula Magna saranno esposte alcune matrici e stampe del Maestro insieme ad alcuni suoi strumenti. Nel corso della mattinata, si annuncerà la nascita dell’Associazione “Bruno Starita” che intende promuovere non solo la conoscenza e la valorizzazione dell’opera dell’artista ma, in generale, della grafica contemporanea napoletana e sarà anche l’occasioneper rilanciare il Premio Starita, la cui prima edizione a cura di Giovanna Cassese e Erminia Mitrano si tenne nel 2013 coinvolgendo tutte le Scuole di Grafica d’Arte delle Accademie italiane.
Fin da giovanissimo Starita si dedica con particolare attenzione alla pratica calcografica L’attività di incisore, che inizialmente si accompagna a quella di pittore, prenderà sempre più spazio, fino a determinare, negli anni ’80, l’abbandono della pittura, con rare eccezioni.
La sperimentazione della tecnica dell’incisione ad acquaforte si accompagna, tra gli anni ’50 e ’60, all’interesse per un paesaggio a tratti scomposto e geometrizzato ed indagato con sguardo attento ai valori tonali del segno.Affiora così una matrice espressionista che porta l’artista a riscoprire “le sue origini romantiche e trova, risalendo indietro nel tempo, accenti di poesia notturna….Ma su questa via, dove avrebbe potuto smarrirsi lontano dai problemi specifici della ricerca artistica, riesce invece ad innescare un processo di rinnovamento che non tocca solo l’aspetto tecnico-formale dell’arte incisoria, ma finisce per coinvolgere l’atteggiamento stesso dell’artista di fronte ai problemi della rappresentazione” (V. Corbi, Bruno Starita, 1981).
Se nei temi del sogno, delle forze naturali, degli sconvolgimenti, le opere sono riferibili alla categoria estetica del sublime, il tema del metamorfismo, caro all’artista, indirizza la sua produzioni sulla ricerca di un surreale di matrice onirica annunciato dall’acquaforte Per un sogno del 1966.Le serie delle Metamorfosi riproposte negli anni (1967, 1970, 1972) propone nel primo ciclo “immagini scheletriche eppure appunto organiche, decadute, eppure ancora animate da una volontà di resistenza, di risorgenza, da una quantità organica, all’estremo, indomabile…” (Crispolti). E’ proprio questa forza visionaria che, liberando l’artista dal verismo che spesso affligge gli epigoni del surrealismo, a consentire ai cicli degli anni ’70, di raggiungere valori nuovi, proponendo forme dinamiche e luminose alle quali la perizia tecnica con cui tratta l’acquaforte con sperimentazioni con la vernice molle, conferisce alle immagini una particolare forza espressiva intrinseca nei segni e nei bianchi.
Alla metà degli anni ’70 la produzione ha un radicale rinnovamento e il segno asciutto, duro e severo, corrisponde ad immagini essenziali, a volte meccaniche (che ricorrono anche all’uso del frottage) forse anche a seguito di un riavvicinarsi alla pittura, verso la quale la produzione incisa mostra la sua autonomia iconografica, tecnica e stilistica. Esemplare di tale fase è L’ora della notte del 1975.
Dalla fine degli anni ’70 il bulino (e dunque l’incisione diretta della lastra, senza l’ausilio di acidi) prende sempre più il sopravvento sulle altre tecniche che pure l’artista conosce e governa con perizia quasi alchemica.
E’ il rapporto diretto con la lastra di rame, con il segno inciso, che indirizza la ricerca di Starita.
Sono fogli animati da animali, piante, una natura violenta e violata che ha il suo culmine in due opere del 1979 e del 1980: l’acquaforte Naturae perfidia decidit e lo straordinario bulino Grande mortalis aevis patium che, insieme a La notte dello stesso anno indirizza la ricerca dell’artista verso complesse sperimentazioni che implicano una complessa, quasi virtuosistica, tecnica (acquaforte, vernice molle, bulino, acquatinta) che amplia l’orizzonte espressivo sino a ottenere effetti di rilievo attraverso segni matrici ottenuti dalla successione delle varie morsure.
Gli anni ’90 vedovedono l’affiorare di una nuova vena lirica che pervade l’immaginario dell’artista: “v’è il silenzio dell’attesa, qualcosa illumina l’orizzonte, una sorta di speranza che scioglie il gelo dell’atrofia” (Bignardi, 1994).
L’ultima produzione è caratterizzata da una profusa luminosità che esalta il segno argenteo, netto e limpido, del bulino, come inEx abrupto, una delle ultime opere.