Un milione e più fra artisti, tecnici, maestranze, e gestori dei teatri, produttori ed organizzatori di concerti e spettacoli dal vivo al momento sono a casa e “senza voce”. Dall’8 marzo abbiamo chiuso i battenti e siamo in attesa di direttive dal Governo e dalla Regione. Chi come me, gestisce da privato, un teatro che non gode di contributi ministeriali è in serie difficoltà economiche. Stiamo valutando e studiando possibili soluzioni di come poter garantire le distanze di sicurezza nel nostro teatro che poteva ospitare 3.300 spettatori seduti o 6.500 in piedi, e che in vista delle riaperture nei prossimi mesi non sappiamo quanti potrebbe ospitarne con le distanze di sicurezza richieste. Al di là delle distanze, i fattori di preoccupazione sono tanti, dal punto di vista culturale come spettacolo dal vivo il paese è fermo e purtroppo lo sarà fino a fine anno.
Qualcuno ha pensato di prevedere che il teatro venga trasmesso in tv così come i concerti, ma sappiamo tutti che non è la stessa cosa. Uno spettacolo di prosa, così come un concerto non ha la stessa magia alchemica che si ottiene consumando il rito tra pubblico e artista. L’evento dal vivo è l’ultimo rito che si consuma tra i popoli, e favorisce non solo la conoscenza della propria identità culturale ma anche di quelle totalmente differenti dalla propria. La concentrazione di attori e cantanti, paradossalmente è data da quello scambio energetico che ne deriva tra artista e spettatore. Una piattaforma pay per view, quindi con biglietto a pagamento andrebbe a sommarsi alle altre piattaforme volontarie che ormai popolano il web. Ma il punto nodale, è che la piattaforma che metterebbe a rischio l’intero sistema culturale italiano è un’idea del Ministero della Cultura, il che avvalorerebbe la teoria che i lavatori dello spettacolo non vengono considerati professionisti come medici, avvocati ecc. e che declinerebbe la potenziale chiusura e fallimento di migliaia di aziende che si occupano di intrattenimento. I teatri sarebbero costretti a chiudere i battenti, perché con un semplice teatro di posa, lo spettacolo ripreso sarebbe disponibile in streaming in tutta Italia, eliminando inesorabilmente le tournée in giro per la penisola.
La musica, il teatro e la cultura sono parte integrante del nostro vissuto e sono elementi fondamentali ed indissolubili del nostro essere. Spesso i temi trattati non solo sono vissuti nel contesto reale dal pubblico suscitando in esso un gran coinvolgimento, ma forniscono ad esso strumenti e risposte alle sue domande per migliorare e comprendere il suo background sociale. Anche in questi lunghi giorni di quarantena ciò che ha accomunato tutti è stata proprio la musica, il rito che si è consumato fuori ai balconi di mezzo paese, in cui le persone avvertivano quel senso di aggregazione e di condivisione. Un paese senza cultura è un paese che nega ai suoi cittadini la libertà di pensiero.
Gli eventi che sono stati annullati e posticipati, i mancati incassi sono solo una parte delle problematiche che riguardano la situazione del Teatro Palapartenope e di molti altri teatri campani ed italiani. Circa il 70% dei teatri italiani non sono sovvenzionati dal Ministero, si parla di un fondo extra FUS che dovrebbe arrivare in soccorso di tutti, e di contributi regionali relativi a istanze che se pur non raggiungano le giornate lavorative richieste causa COVID-19, forse verranno accolte lo stesso. Tante proposte, ma nulla di concreto al momento. Sarebbe opportuno e doveroso adottare dei criteri inclusivi al fine di tutelare l’intero mondo dell’intrattenimento.
La produzione del musical Goodbye Sciuscià, che finalmente aveva preso forma e per la quale erano già stati firmati i contratti, è stata sospesa, il debutto era previsto per maggio 2020.
Per il governo italiano le priorità sono purtroppo altre, e la cultura con la situazione attuale non risulta tra le priorità di spesa, ma poter avere almeno, delle tempistiche per preparare un piano ammortamento costi e di perdite (soprattutto aggiungerei) sarebbe di vitale importanza per gli imprenditori dello spettacolo. Attendiamo i pagamenti di tante produzioni che dovevano saldare le nostre spettanze riguardanti concerti ed eventi tenutesi lo scorso anno. Ma le spese da sostenere tra fitti, utenze, tasse, pagamenti fornitori e manutenzione ci sono e sono alte.
Il Teatro Palapartenope è sempre stato in prima linea, sostenendo i giovani e le attività volte al loro sostenimento culturale ed emotivo, e pensiamo che una società senza eventi dal vivo non possa davvero esistere, la civiltà è fatta anche di convivenza. Ogni anno i nostri spazi ospitano circa 500.000 persone, di cui il 70% ha tra i 15 e i 44 anni.
Il Teatro Palapartenope è uno tra i teatri più grandi e capienti d’Italia, ed è il più grande esercizio teatrale privato della Regione Campania provvisto di un palco tecnicamente e completamente attrezzato ed un considerevole boccascena. Grazie a queste caratteristiche è adatto ad ospitare tutte le maggiori produzioni nazionali ed internazionali. I 3.300 posti a sedere o i 6.500 posti in piedi di cui 832 seduti, e le soluzioni acustiche progettate ad hoc per l’imponente struttura consentono di godere al massimo delle rappresentazioni proposte.
Le emozioni inducono le persone ad agire e sono una risorsa illimitata. Le relazioni più potenti e forti si muovono su profondi legami emozionali, ed è per questo che al nostro pubblico e soprattutto ai giovani regaliamo emozioni.
Gli spettacoli dal vivo hanno lo scopo di aiutare la formazione di persone responsabili, ricche sul piano culturale e umano, capaci di rinnovare e sviluppare nuove alleanze tra l’uomo e l’ambiente, nella prospettiva di un cambiamento sostenibile. Inoltre, il teatro e la musica sono degli ottimi alleati nelle situazioni problematiche e vanno considerati come supporto strategico quale deterrente per affrontare e risolvere situazioni di disagio giovanile, ritardi e difficoltà di apprendimento.
Il Teatro Palapartenope opera sul territorio da più di 40 anni creando un “capitale culturale”, la cui crescita trattiene il “capitale intellettuale”, ovvero le persone di talento che vogliono continuare a vivere e lavorare nel proprio territorio perché lo trovano stimolante e culturalmente ricco. L’investimento nel capitale culturale, mette in atto un ciclo che porta al capitale sociale, elemento fondamentale per lo sviluppo economico.
Ho deciso di far sorgere il Teatro Palapartenope in una zona a rischio e con diverse problematiche
per investire sul quartiere Fuorigrotta e zone limitrofe, diventando un pioniere dell’organizzazione di concerti ed eventi. Volevo che esso diventasse, un luogo di ritrovo e di riferimento per le maggiori produzioni e artisti mondiali, creando indotti economici e permettendo a tutta la macchina organizzativa fatta di maestranze, consulenze ed impiegati di sopravvivere. L’investimento fatto nel tempo mi ha permesso, di rafforzare il legame fra l’offerta artistica e il territorio, inteso in tutte le sue valenze, per una piena valorizzazione delle risorse culturali, storiche, turistiche, ed economiche. Da circa due anni, abbiamo alzato il target culturale proponendo una stagione teatrale, un progetto nel quale l’universo teatrale e dell’intrattenimento è abbracciato attraverso tutti i suoi generi, in un cartellone, che presenta il teatro a 360°. L’iniziativa, ha trovato ovunque risposte molto positive, in primis dagli artisti coinvolti, poi dalle istituzioni territoriali, che hanno individuato nel cartellone un’importante occasione per promuovere la cultura.
Lo spettacolo dal vivo, ed in particolare la nostra struttura la più grande del centro sud, ha permesso di elevare l’indotto economico, creando un valore per abitanti, turisti, aziende, investitori ed istituzioni. Le nostre iniziative aiutano a riflettere e a dialogare sul valore che il patrimonio culturale riveste per la nostra società e ne mostra a tutti l’importanza nei diversi settori della vita pubblica e privata. Il nostro lavoro, ha quel valore aggiunto che apporta, la capacità di avvicinare e fare crescere un pubblico variegato e crea il rinnovamento della scena artistica regionale e nazionale.
Bisogna valicare queste divisioni dovute alla concorrenza tra i teatri, i produttori e gli organizzatori e bisogna porre l’attenzione sul lavoro, lo spettacolo e gli artisti, questa è l’unica meta a cui bisogna aspirare. Un crogiuolo di tematiche e problematiche che si intersecano devono essere il punto di partenza, per ripartire e per permetterci di proseguire il nostro scopo: creare uno spettatore consapevole, in possesso di strumenti critici e di determinate competenze, e che lo rendano attivo e partecipe alla vita del teatro, e che lo aiutino a fruire consapevolmente delle proposte spettacolari e culturali del teatro e del mondo dell’intrattenimento stesso. Trasmettere il teatro e la musica in televisione non vuol dire scuotere lo scetticismo del sistema teatro e del pubblico verso le novità e la sperimentazione, ma vuol dire l’esatto opposto, vuol dire interrompere e soffocare per sempre il pullulare di creatività, di proposte, di movimenti, di fermenti intellettuali, di prosa, di musica, di danza e di tutto ciò che il mondo teatrale è portatore. Abdicare ai concerti e al teatro in tv vorrebbe dire annientare migliaia di piccoli imprenditori e lavoratori dello spettacolo (maestranze comprese), vorrebbe di togliere una “casa” agli spettatori, vorrebbe dire cessare la comunicazione con il pubblico e la volontà e la capacità di instaurare uno scambio attivo e un legame stretto con gli spettatori.
Il nostro lavoro si può svolgere solo dal vivo e in compresenza di pubblico e artisti e, soprattutto, non possiamo ospitare grosse produzioni senza la possibilità di riempire la platea e avere una bigliettazione sostenibile.
Secondo le stime di Assomusica, a fine stagione estiva ammonteranno a circa 350 milioni di euro le perdite per il solo settore del live. A questo danno vanno aggiunte poi anche le perdite legate all’indotto, che l’Associazione stima in circa 600 milioni di euro. A livello di economia del lavoro, solo per gli eventi di musica popolare contemporanea lavorano circa 60 mila persone.
Servono fondi e ammortizzatori sociali mirati e che non possono essere stabiliti per “assimilazione”. Riaprire a capienza ridotta, addirittura solo 200 posti a sedere distanziati (quando la nostra struttura ha una area tale da poterne inserire sicuramente molti di più con le dovute distanze), con la certezza che non è un modello sostenibile per ricavi e costi, senza escludere che gli organizzatori, manager ed artisti non sono disposti a esibirsi a queste condizioni, è praticamente impossibile.
Inoltre, come è ben noto la nostra struttura, nel 90% dei casi ospita concerti in piedi con circa 6.500 posti, e per cui dal Ministero non è stata data nessuna direttiva ed indicazione. Quale sarà il futuro dei grandi eventi in piedi al chiuso? Quale saranno le normative da seguire? Anche in questo caso organizzatori, manager ed artisti che soprattutto sono seguiti da un pubblico giovane non sono disposti a rinunciare ad introiti e ad un rapporto di coinvolgimento diretto con il pubblico.
Alla luce degli ultimi eventi, la nostra struttura non riaprirà il 15 Giugno, se non per eventuali lavori di manutenzione ed adeguamento, in quanto come è ben noto agli addetti ai lavori e al pubblico il 15 giugno, la stagione teatrale/concertistica è ormai terminata. La possibilità data dallo Stato di riaprire, a fine stagione, può agevolare solo ed esclusivamente gli eventi finanziati dal Ministero o dai Fondi Europei e che non hanno problemi di deficit ed incassi, perché anche in mancanza di pubblico “la pagnotta a casa” la portano lo stesso.
Per un gestore e/o proprietario di un teatro, i costi di apertura sono come puntare su un cavallo perdente;
- non ci sono stati e non ci sono i tempi tecnici per predisporre gli spazi, sanificarli ed organizzarli con le nuove normative (che al momento non sono ancora chiare)
- non ci sono stati e non ci sono i tempi tecnici per organizzare un cartellone di eventi
- non ci sono stati e non ci sono i tempi tecnici di allestimento e prove spettacolo
L’unica certezza sono le spese da sostenere: personale, manovalanza, sanificazione, consumi ecc
Ora io mi chiedo chi imprenditore sano di mente rischierebbe tutto pur avendo la certezza di rimetterci del denaro? Spero che quanto prima il Ministro Franceschini e il Presidente De Luca si mobilitino a favore dei teatri, concerti e spettacoli dal vivo con proposte concrete e fattibili e che sostengano la nostra categoria messa in ginocchio. Invito invece il nostro caro pubblico, ad avere pazienza, e a rispettare le norme anti-contagio, in modo da poter quanto prima tornare a regalarvi nuovi emozioni e ricordi piacevoli.
GENNARO MANNA