Si chiama Alfredo, ha 71 anni ed è il primo paziente italiano a ricevere il vaccino anticancro sperimentale a mRna per la cura del melanoma. La dose gli è stata somministrata questa mattina all’Istituto dei tumori Pascale di Napoli, dove l’uomo è seguito dallo scorso settembre dall’oncologo Paolo Ascierto. Alfredo, un medico di base molisano, partecipa allo studio di fase 3 sul vaccino di Moderna, l’ultimo step prima che il prodotto possa essere approvato dalle autorità regolatorie.
“Oggi è un grande giorno”, dichiara Ascierto. Anche se “ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati di quest’ultima fase”, precisa, “la nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili”.
Il vaccino anti-melanoma dell’americana Moderna, ricorda Ascierto, “si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid. Utilizza cioè mRna sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati neoantigeni, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia, ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore. Certo, essendo una sperimentazione in doppio cieco – puntualizza lo specialista – potremmo trovarci di fronte a una dose di placebo. Secondo protocollo, infatti, né il paziente né l’oncologo sanno cosa è stato iniettato. Lo sapremo alla fine della sperimentazione”.
Intanto esprime emozione il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi: “Siamo onorati – afferma – che il Pascale sia il primo centro in Italia a partecipare alla sperimentazione del primo vaccino a mRna contro il cancro. Si apre una frontiera completamente nuova e siamo orgogliosi di esserne protagonisti”. Dopo Alfredo De Renzis da Carovilli, in provincia di Isernia, l’Irccs campano ha già screenato altri 18 pazienti candidati al vaccino.
Si stima che nel mondo ci siano oltre 40 vaccini anticancro a mRna allo studio, riporta una nota del Pascale, mentre continuano ad aumentare le nuove indicazioni per farmaci immunoterapici già in uso. “Come ad esempio il pembrolizumab – sottolinea Ascierto – un anticorpo monoclonale anti PD-1, mirato cioè a uno dei ‘freni’ del sistema immunitario, prima approvato per il melanoma e a settembre scorso autorizzato come trattamento per il tumore del rene metastatico, per il tumore della mammella triplo negativo metastatico e perioeperatorio, per quelli dell’endometrio e della cervice uterina avanzati, per il carcinoma dell’esofago e per alcuni tumori gastrici e del colon”.
“Esistono anche combinazioni di immunoterapici – continua l’esperto – come nel caso di nivolumab e ipilimumab, approvati e rimborsati dal Servizio sanitario nazionale dal 2022 per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule metastatico, del tumore del rene avanzato in prima linea di trattamento, del tumore dell’esofago avanzato a progressione chemioterapica, del mesotelioma pleurico in prima linea e di alcuni tumori del colon-retto. Abbiamo avuto inoltre l’approvazione all’utilizzo di anticorpi bispecifici come il tebentafusp, nei pazienti con diagnosi di melanoma dell’uvea metastatico o non resecabile che presentano un particolare antigene”.
Ad oggi – fanno il punto dal Pascale – ci sono 70 farmaci immunoterapici allo studio, sia in fase preclinica (sperimentazioni non umane) sia in fase clinica. Solo in Italia si contano circa 200 studi clinici in corso, di cui 51 con arruolamento attivo che rappresentano a tutti gli effetti una nuova opportunità terapeutica per i pazienti. (AdnKronos)