La Bce ha deciso ieri il rialzo dei tassi di 25 punti percentuali. “L’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato” spiegano dal board del Consiglio direttivo della Bce motivando l’aumento. Pertanto, a partire dal 20 settembre i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00%.
Se il consiglio direttivo della Bce ha deciso di rialzare ancora i tassi di 25 punti è anche per la revisione dell’andamento dell’inflazione nelle proiezioni macroeconomiche, formulate dallo staff dell’Eurotower. Le nuove stime di settembre indicano infatti un tasso di inflazione pari in media al 5,6% nel 2023, al 3,2% nel 2024 e al 2,1% nel 2025, per effetto di una revisione al rialzo per il 2023 e il 2024 e al ribasso per il 2025. “La correzione al rialzo – spiega la Bce -. riflette principalmente l’evoluzione più sostenuta dei prezzi dell’energia. Le pressioni di fondo sui prezzi restano elevate, sebbene la maggior parte degli indicatori abbia iniziato a ridursi. Gli esperti della Bce hanno lievemente rivisto al ribasso le proiezioni dell’inflazione al netto della componente energetica e alimentare, che si collocherebbe in media al 5,1% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,2% nel 2025″.
Salvo sorprese nei prossimi dati la Bce dovrebbe aver raggiunto il ‘tetto’ nel livello dei tassi, giunti a un valore in grado di domare l’inflazione. “Le decisioni future del Consiglio direttivo – si precisa in una nota del board – assicureranno che i tassi di interesse di riferimento della Bce siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario” e, comunque, il Consiglio “continuerà a seguire un approccio, guidato dai dati, nel determinare livello e durata adeguati della restrizione”.
“E’ probabile che l’economia dell’eurozona resti debole nei prossimi mesi dopo una sostanziale stagnazione nella prima metà dell’anno” dice la presidente della Bce Christine Lagarde nella dichiarazione introduttiva alla conferenza stampa che segue la riunione del Consiglio direttivo. “I segnali del terzo trimestre indicano un trimestre debole” aggiunge, indicando come “i rischi sono orientati al ribasso“. E la crescita, osserva, “potrebbe essere più bassa anche per via del rallentamento in Cina”.
Nella riunione del Consiglio direttivo “avevamo sul tavolo molti dati e li abbiamo studiati attentamente per ore”. “Alla fine abbiamo condiviso le valutazioni su Pil, inflazione e andamento” dell’economia. “Alcuni membri non hanno raggiunto le stesse conclusioni, alcuni avrebbero voluto una pausa” nei rialzi, dice Lagarde, ma sulla scelta di ritoccare i tassi di 25 punti “una forte maggioranza è stata d’accordo”.
“Nella revisione al ribasso della crescita dell’Eurozona nel 2024, pari a 0,5 punti, la maggior parte è legata a un effetto trascinamento del 2023: andiamo verso trimestri di crescita stagnante e la ripresa, prevista per la seconda metà del 2023, è slittata” in avanti. Ora “il focus si sposta sulla durata” di mantenimento di questo livello, spiega Lagarde, “ma non possiamo dire che abbiamo toccato il ‘picco’ dei tassi”.
In uno scenario condizionato da condizioni di finanziamento che “si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda”, ma anche alla luce “dell’indebolimento del contesto del commercio internazionale, gli esperti della Bce hanno rivisto significativamente al ribasso le proiezioni per la crescita economica, che si porterebbe nell’area dell’euro allo 0,7% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025″.
L’aumento dei tassi d’interesse di 25 punti base deciso oggi dalla Bce rappresenta una mazzata media tra +15 e +25 euro a rata per le famiglie italiane che hanno acceso un mutuo a tasso variabile. Lo afferma il Codacons, che fornisce le stime sugli effetti della decisione della Bce sulle tasche degli italiani. Occorrerà attendere le prossime settimane per capire come il mercato risponderà al rialzo dei tassi, spiega il Codacons. Negli ultimi giorni l’Euribor, indice di riferimento dei mutui a tasso variabile, si è attestato attorno al 3,67% per quello a 1 mese, 3,84% quello a 3 mesi: se l’aumento deciso dalla Bce dovesse essere traslato interamente sul mercato, l’Euribor salirebbe a quota 3,92% (quello a 1 mese), e arriverebbe al 4,09% quello a 3 mesi.
Considerata una fascia media di mutuo a tasso variabile di importo compreso tra i 125mila e i 150mila euro, per una durata di 25 anni, ossia l’importo più richiesto in Italia da chi accende un finanziamento per l’acquisto di una casa, la rata mensile è destinata quindi a salire ulteriormente tra i 15 e i 25 euro per effetto della decisione odierna della Bce – analizza il Codacons –. Se però si considerano tutti gli incrementi imposti dalla Banca Centrale Europea a partire dallo scorso anno, la rata mensile di un mutuo a tasso variabile salirà complessivamente tra i 270 e i 365 euro rispetto a quanto pagato nel 2021, con ripercussioni sulle famiglie comprese tra i +3.240 e +4.380 euro all’anno.
Secondo le simulazioni di Facile.it e Mutui.it il nuovo rialzo dei tassi potrebbe portare la rata di un mutuo medio a tasso variabile a sfiorare i 760 euro, vale a dire il 66% in più rispetto all’inizio del 2022. “Il mercato potrebbe aver già anticipato, almeno in parte, l’aumento annunciato oggi dalla Banca Centrale Europea e questo attenuerebbe l’impatto dei rincari sulle rate dei mutuatari – spiegano gli esperti di Facile.it -. Se è vero che l’Euribor segue l’andamento dei tassi Bce, non è detto che lo faccia in modo analogo; per sapere quanto saliranno effettivamente le rate dei mutui variabili bisognerà quindi aspettare”. Per l’analisi, Facile.it e Mutui.it hanno preso come riferimento un finanziamento a tasso variabile da 126.000 euro con piano di restituzione in 25 anni sottoscritto a gennaio 2022 e hanno esaminato come sono cresciute le rate da inizio dello scorso anno ad oggi e come potrebbero variare nuovamente nei prossimi mesi.
Il tasso (Tan) di partenza di gennaio 2022 era pari allo 0,67%, corrispondente ad una rata mensile di 456 euro. A seguito dei diversi aumenti del costo del denaro messi in atto dalla Banca Centrale Europea per combattere l’inflazione, il tasso del mutuo preso in esame è salito di molto, arrivando a toccare a settembre 2023 il 5,05%, con una rata di circa 740 euro. Oggi, quindi, il mutuatario si trova a pagare quasi 285 euro in più (+62%) rispetto alla rata iniziale di gennaio 2022. Se, a seguito dell’aumento odierno della Bce, l’Euribor aumenterà altri 25 puti base, la rata mensile del finanziamento analizzato potrebbe arrivare addirittura a 759 euro, con un aggravio di ben 303 euro rispetto a quella iniziale (+66%).
Per l’Unione nazionale dei consumatori si tratta di “una stangata per chi ha un mutuo a tasso variabile e per le famiglie e le imprese che devono chiedere un prestito“. “Considerando l’ultimo Taeg comunicato da Bankitalia, 4,58% – dichiara il presidente Massimo Dona -, l’importo e la durata media di un mutuo, un rialzo dei tassi di 25 punti percentuali corrisponde, nel caso di un pieno trasferimento sull’Euribor, ad un aumento della rata, per chi sottoscrive ora un mutuo a tasso variabile, pari a 20 euro al mese”. “Una mazzata annua pari in media a 240 euro”, prosegue Dona. “Un rincaro che, considerato che in Italia i piani di ammortamento sono alla francese, vale per chi ha sottoscritto da poco il contratto e ha ancora una quota di interessi molto alta, ma che diminuisce man mano che il mutuo si avvicina alla sua scadenza e si paga quasi soltanto la quota capitale”. (AdnKronos)