Un giovane di 17 anni, residente nel quartiere Barra di Napoli, ha confessato di aver sparato durante una sparatoria avvenuta a San Sebastiano al Vesuvio, che ha portato alla tragica morte di Santo Romano, un calciatore di 19 anni.
Questo drammatico evento è accaduto vicino al municipio, precisamente in piazza Raffaele Capasso, un luogo centrale della cittadina.
Inizialmente, il giovane, assistito dal suo avvocato Luca Raviele, ha tentato di negare ogni accusa. Tuttavia, alla fine ha ammesso di aver esploso i colpi, sostenendo però di averlo fatto per autodifesa.
La sua detenzione è stata effettuata nel pomeriggio dai carabinieri della compagnia di Torre del Greco, con le accuse di omicidio e tentato omicidio.
A seguito della confessione, la Procura per i Minorenni di Napoli ha rapidamente emesso un ordine di fermo nei confronti del ragazzo. Egli è stato trasferito presso un centro di accoglienza situato nei Colli Aminei, dove rimarrà in attesa della convalida del provvedimento legale a suo carico.
Il padre del ragazzo, visibilmente sconvolto e addolorato, ha espresso il suo profondo rammarico durante un’intervista al Tg1, dichiarando: “Mi dispiace molto per questa famiglia perché non doveva capitare proprio questa cosa. Chiedo tanto scusa, tanto perdono per quello che è successo.” Tali parole riflettono un sincero desiderio di scusarsi con la famiglia della vittima.
L’avvocato Raviele, parlando con l’agenzia di stampa Adnkronos, ha chiarito che il giovane ha fornito una versione dei fatti differente rispetto a quella iniziale. Egli ha parlato di una discussione che sarebbe scaturita per motivi banali, senza menzionare esplicitamente la faccenda di una scarpa sporcata ma riferendosi a un banale scontro fisico, una “spallata”. Questo dettaglio potrebbe fornire un’ulteriore chiave di lettura sulle motivazioni che hanno portato a questo epilogo drammatico.