Per delega del Procuratore della Repubblica, si comunica che militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata e con la Squadra Mobile della Questura di Napoli, hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, su richiesta di questa Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di cinque soggetti (tre sottoposti alla custodia cautelare in carcere e due agli arresti domiciliari) gravemente indiziati dei reati di trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità agevolativa dell’organizzazione camorristica denominata “clan Contini”.
Tra gli arrestati c’è anche un poliziotto, in servizio alla stradale di Avellino. L’agente è stato portato ai domiciliari dai finanzieri e dalla Squadra Mobile di Napoli. Gli viene contestata l’intestazione fittizia di una società per la produzione e vendita di prodotti da forno.
Tra i beni sequestrati c’è anche una storica pizzeria di Napoli, quella del Presidente, in via dei Tribunali, con vetrina sulla strada, nota alle cronache perché proprio quelle margherite pronte da piegare a portafoglio attirarono l’attenzione dell’allora presidente americano Bill Clinton, che se ne fece preparare mangiandola durante la sua passeggiata nei Decumani in occasione del G7 partenopeo nel 1994. La gestione della pizzeria è della cosca, attraverso una serie di prestanome, per gli inquirenti, e per questo il gestore, M.D.C., 49 anni, è ai domiciliari insieme alla moglie, D.C., 47 anni.
L’attività investigativa avrebbe permesso di accertare l’intestazione fittizia di due società operanti nel settore della ristorazione e panificazione per agevolare il raggiungimento delle finalità illecite del predetto sodalizio e per il sostentamento dei detenuti e delle rispettive famiglie.
L’impresa di ristorazione, operante nel centro storico di Napoli, sarebbe stata acquistata grazie all’apporto economico e alla “protezione” fornita da un esponente di spicco del clan, alla cui famiglia sarebbe stata destinata una parte dei relativi proventi anche dopo la sua detenzione conseguente ad una condanna per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
Le risultanze investigative e le evidenze acquisite sui social network avrebbero permesso di stabilire che la società era gestita, di fatto, dal cognato del detenuto, anch’egli gravato da numerosi precedenti penali, il quale si sarebbe poi affrancato dalla joint venture criminale avviando una nuova attività nel campo della panificazione e della vendita di prodotti da forno.
Le indagini, corroborate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avrebbero consentito di appurare anche la fittizia intestazione di un’impresa individuale operante nel settore dei servizi turistici, che il precedente titolare sarebbe stato costretto a dismettere con minacce, percosse e intimidazioni, e di sette immobili di pregio siti nel capoluogo partenopeo.
Gli indagati avrebbero reimpiegato nelle società di ristorazione e panificazione e nell’acquisto degli indicati beni immobili l’importo complessivo di euro 412.435,00, versato in contanti con reiterate operazioni sui conti societari e personali.
Tale profitto illecito è stato sottoposto a sequestro in data odierna, unitamente alle quote delle società, all’impresa individuale e agli immobili oggetto di intestazione fittizia, il tutto per un valore complessivo di oltre 3,5 milioni di euro.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i relativi destinatari sono persone sottoposta ad indagini e, quindi, presunti innocenti fino a sentenza definitiva.