Camorra, sequestrati beni per 4 milioni a colletto bianco dei casalesi.

Un fermo immagine tratto da un video della DIA di Napoli, 21 luglio 2020. Beni mobili e immobili e numerosi rapporti finanziari per un valore complessivo di quattro milioni di euro, tra cui un conto corrente cifrato aperto presso una banca del Principato di Monaco (valore nel 2011 di circa 300 mila euro), sono stati confiscati dal personale della Dia di Napoli, su ordine del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, all'imprenditore edile di Aversa (Caserta) Francesco Grassia, 75 anni, ritenuto colluso con il clan dei Casalesi, in particolare con la fazione che fa capo al boss Michele Zagaria. Legami risalenti nel tempo, di cui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia del clan, ed emersi in alcune importanti indagini in cui Grassia è rimasto coinvolto, come quelle relative all'importazione di armi dalla ex Jugoslavia (tra cui fucili a pompa, bombe a mano e mitragliatori silenziati), un business che ha visto i Casalesi in prima fila dalla metà degli anni Novanta; sempre nella stessa decade, Grassia incappò in un'altra indagine da cui era emerso l'acquisto, da parte di una società facente capo al costruttore e ad altri soggetti, di un complesso immobiliare sito ad Aversa, l'ex "fabbrica Della Volpe", ad un prezzo nettamente inferiore rispetto al valore di mercato, a testimonianza - ritengono gli inquirenti - della capacità di intimidazione derivante dall'appartenenza al clan dei casalesi. ANSA/ DIA EDITORIAL USE ONLY NO SALES
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Beni mobili e immobili e numerosi rapporti finanziari per un valore complessivo di 4 milioni di euro, tra cui un conto corrente cifrato aperto presso una banca del Principato di Monaco (valore nel 2011 di circa 300 mila euro), sono stati confiscati dal personale della Dia di Napoli, su ordine del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, all’imprenditore edile di Aversa (Caserta) Francesco Grassia, 75 anni, ritenuto colluso con il clan dei Casalesi, in particolare con la fazione che fa capo al boss Michele Zagaria.

Legami di cui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia del clan, ed emersi in alcune indagini in cui Grassia è rimasto coinvolto, come quelle relative all’importazione di armi dalla ex Jugoslavia (tra cui fucili a pompa, bombe a mano e mitragliatori silenziati), un business che ha visto i Casalesi in prima fila dalla metà degli anni ’90.

Un colletto bianco che per gli inquirenti sarebbe persona dalla “pericolosità qualificata”, in quanto da sempre al servizio dell’organizzazione. (ANSA)

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