Un detenuto di 93 anni, che stava scontando la sua pena nel carcere napoletano di Poggioreale, è stato recentemente rilasciato anticipatamente per scontare la restante parte della pena in detenzione speciale all’interno di una comunità. Alla fine di ottobre, l’Ufficio di sorveglianza di Napoli ha concesso al detenuto una riduzione della pena equivalente a 193 giorni, come risarcimento per le condizioni disumane vissute durante la detenzione.
Questo accade in conformità con l’Ordinamento Penitenziario italiano, che prevede una riduzione di un giorno di pena ogni dieci trascorsi in condizioni carcerarie inadeguate. Il periodo considerato per questo risarcimento va dal 18 settembre 2018 al 10 ottobre 2024 presso il carcere di Poggioreale.
Samuele Ciambriello, Garante campano per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e che ha seguito il caso del detenuto, ha commentato che la decisione del magistrato di sorveglianza di concedere la scarcerazione è giusta e necessaria.
Tuttavia, questo caso riaccende la discussione sul problema persistente del sovraffollamento carcerario e, più in generale, delle condizioni inumanamente critiche in cui si trovano molti detenuti. È particolarmente allarmante immaginare una persona di oltre novant’anni costretta a vivere in simili condizioni, in celle sovraffollate che contengono 8-10 persone in spazi molto ridotti. Ciambriello sottolinea che il quadro attuale solleva questioni sia etiche che giuridiche che rendono l’esecuzione della pena gravemente illegittima in Italia.
Da un lato, esiste una grande enfasi sull’applicazione rigorosa e certa delle pene.
Dall’altro, i doveri legali relativi al modo in cui si esercita il “diritto di punire” rimangono vaghi, se non ignorati.
È essenziale, dice Ciambriello, che la giustizia penale sia esercitata con umanità e orientata alla rieducazione, così come richiesto dalla Costituzione italiana. In sintesi, egli conclude sottolineando che l’attuale metodo di esecuzione delle pene spesso viola le norme legali, in quanto non rispetta la dignità umana. La certezza della pena non può esistere se non accompagnata dal rispetto dei diritti fondamentali delle persone detenute.