Tra gli arrestati figura anche il dipendente di una municipalità del Comune di Napoli, Pasquale Averaimo, 65 anni, che si occupava del rilascio e del rinnovo delle carte d’identità, dell’emissione dei certificati di residenza e degli stati di famiglia. Il dipendente comunale aveva stabilito un tariffario per le sue “prestazioni”.
I guadagni illeciti, attraverso transazioni bancarie e i circuiti Money Transfer, finivano su conti correnti pachistani.
Un altro modo per trasferire i soldi era il sistema “hawala”, un meccanismo informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull’onore di una vasta rete di mediatori, localizzati principalmente in Medio Oriente, Nord Africa, nel Corno d’Africa ed in Asia meridionale, secondo alcuni esperti utilizzato anche per finanziare il terrorismo.
L’ hawala è fortemente radicato nella cultura islamica ed è basato sulla fiducia: consente il passaggio di ingenti somme di denaro tra persone di diverse nazioni.
Oltre alle misure cautelari i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Napoli hanno sequestrato l’internet point (di proprietà di uno degli arrestati) abilitato all’invio di denaro attraverso i circuiti Wester Union, Sigue, Ria e Moneygram. Un obbligo di dimora è stato notificato a un consulente del lavoro.
Sono scattate dopo gli attacchi terroristici in Francia e in Belgio (tra il 2015 e il 2016), come il blitz alla sede del giornale satirico parigino “Charlie Hebdo” del 7 gennaio 2015 e l’attentato al teatro Bataclan del 13 novembre 2015, le indagini che hanno consentito di individuare e sgominare, con 14 misure cautelari, l’organizzazione criminale che, a Napoli, favoriva l’immigrazione clandestina producendo, dietro compenso, documenti falsi (certificati di residenza, dichiarazioni di ospitalità, certificati di conoscenza della lingua italiana, contratti di lavoro, iscrizioni alla camera di commercio come commerciante, dichiarazioni reddituali fasulle e nullaosta alloggiativi) per ottenere i permessi di soggiorno per l’Italia e, quindi, anche per gli altri Paesi dell’area Schengen.
A coordinare le indagini è stata la Procura di Napoli che contesta anche il reato di corruzione.
A capo dell’organizzazione c’erano il pakistano Iqbal Naveed (proprietario anche dell’internet point sequestrato), per il quale è stato disposto il carcere, e il marocchino Lahoussine Chajaoune, per il quale il gip ha disposto i domiciliari.
L’organizzazione si estendeva oltre i confini italiani: gli indagati erano infatti in contatto con persone residenti in Belgio e Francia. La documentazione falsa per i permessi di soggiorno, stampata a Napoli, veniva anche fatta pervenire a persone residenti in quei Paesi. Ovviamente tutto dietro compenso. La base dell’organizzazione era stata collocata nell’internet point di Naveed. (ANSA).