Giovanni De Falco e il clarinetto bassetto, venerdì 18 al Teatro Gelsomino di Afragola.

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Sarà il clarinetto di Giovanni De Falco, con il quartetto Hadimova, composto da Antonio Colica e Maria Rosaria Improta al violino, Andrea De Martino alla viola, Dario Nicola Orabona al violoncello, ad inaugurare la stagione musicale, diretta da Maria Giovanna Siciliano Iengo, del Teatro Cinema Gelsomino di Afragola, venerdì 18 novembre alle ore 20,30. Giovanni De Falco, rappresentante della Scuola Napoletana di Clarinetto e docente del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, già solista ospite dei Salzburger Solisten, ha scelto di dedicare al suo pubblico il quintetto per archi e clarinetto bassetto in la maggiore K581 di Wolfgang Amadeus Mozart, il misterioso Stadler Quartett e l’op.115 di Johannes Brahms.

L’opera mozartiana si è fin da subito ritagliata un posto a sé stante nella vasta produzione da camera per archi e fiati, per via della sua originalità e del ruolo preminente che occupa nel repertorio clarinettistico. Il clarinetto riveste un ruolo squisitamente protagonistico, che ne mette in risalto le notevoli possibilità timbriche e dinamiche, la morbidezza e la plasticità nelle frasi legate, l’agilità e la spontaneità negli incalzanti fraseggi e nei conseguenti passaggi virtuosistici. Si tratta di una composizione adatta a un gruppo di virtuosi, in grado di restituire la ricchezza espressiva e le debite sfumature stilistiche, che necessitano di un perfetto equilibrio e di un notevolissimo affiatamento.

Non dobbiamo poi dimenticare quanto simbolicamente questa composizione abbia a che fare con la dimensione massonica di Mozart e dello stesso Stadler, il dedicatario della misteriosa pagina, attraverso l’utilizzo di uno strumento quale il clarinetto bassetto, ricerca, intenzione, cesello, in particolare nel Larghetto in Re. Le note musicali segnate sul pentagramma non suscitano emozione di per sè. L’ emozione nasce dal suono. La parte originale di clarinetto bassetto del quintetto in la maggiore è andata perduta e Giovanni De Falco ha riadattato la parte per questo strumento  facendone la revisione.

Si notano in partitura due scelte che svelano il rapporto privilegiato del maestro De Falco con questo autore e il suo strumento. Nel Larghetto, la sessantaseiesima misura che nell’originale è uguale alla sedicesima misura, ed è uguale anche alla settantaquattresima misura dell’adagio del concerto KV 622, la fa uguale alla ventitreesima misura dell’adagio del concerto.

Così facendo, pur non cambiando le note originali, del compositore, riesce a sottolineare maggiormente una sua particolare interpretazione ermeneutico – musicale fra il larghetto e l’adagio. In entrambi i secondi tempi, l’ineffabilità delle due pagine, indica la sublime purezza d’anima del compositore, il quale conserva in eterno i caratteri innocenti della sua eterna fanciullezza. La seconda sorpresa della revisione la intuiremo nella prima variazione del quarto tempo. Avendo un clarinetto dal registro grave discendente ed esteso al La grave, il De Falco ha usato i salti di quindicesima verso il basso invece dei salti di ottava. La cosa, anche se esecutivamente più difficile, risulta maggiormente gradevole al gusto musicale degli ascoltatori ed, inoltre, fa apprezzare dagli intenditori ulteriormente l’invenzione dell’eclettico clarinettista Anton Stadler.

Mozart e Brahms colpiscono nel tempo e nello spazio di una sontuosa mediazione sonora. E non basta l’alta perizia tecnica, occorre un supplemento di aura, che certamente si è intuirà nel Quintetto in si minore op. 115 di Johannes Brahms, un epilogo “di quel lungo diario intimo che e’ la sua musica da camera”. L’eterogeneità dei timbri rende particolarissima questa partitura, in cui c’è la conquista di nuovi territori, di una sempre più esaltante purezza e indipendenza di suono, che con lo sguardo sfiora l’assolutamente lontano mondo in cui si muovono le divinità, “su un suolo morbido” e sfiorate “da brezze leggere”, come con miracolosa bellezza ci racconta Hölderlin nel suo Schicksalslied. Bisognerà immergersi nell’esecuzione dell’epilogo altamente meditativo ed assorto, reso tanto più cupo dallo sprofondare del clarinetto in una vera e propria catabasi dolente e rassegnata, per la quale l’accordo isolato che precede il sommesso accordo finale, assurge a piagata metafora. La formazione guidata dal sentire di Giovanni De Falco, rivelerà il cuore di Brahms, che chiede d’oltrepassare i limiti della sintassi che si è imposto e gli impone di esprimersi, per vivere in un mondo che gli è proibito. Quale sia questo mondo, che connotati abbia non lo sapremo mai, è situato là, quale corpo da indagare, nelle sue pieghe più ascose, attraverso una “conversazione ragionevole” quale sarà quella della nostra formazione.

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