Carmelo Miano, un giovane di quasi 24 anni, ha confessato di aver violato ripetutamente i sistemi di sicurezza del Ministero della Giustizia.
In particolare, è stato accusato di aver messo a dura prova la cybersicurezza del sistema giudiziario italiano attraverso delle incursioni informatiche.
Durante un interrogatorio di garanzia, condotto alla presenza del suo avvocato Gioacchino Genchi, Miano ha riconosciuto le accuse a suo carico e si è dichiarato disposto a collaborare ulteriormente con i pubblici ministeri. Ha promesso di fornire maggiori dettagli sulle attività illegali che ha compiuto, le quali avrebbe interessato non solo il Ministero della Giustizia, ma anche il Ministero dell’Interno, la Guardia di Finanza e la Tim, dal 2021 fino al momento del suo arresto. Sua difesa ha inoltre richiesto che gli atti del caso siano trasferiti a Perugia, ritenendo che la competenza territoriale debba includere questa città. La richiesta si fonda sull’accusa secondo cui Miano avrebbe violato anche la posta elettronica di procuratori di diverse città italiane, tra cui Brescia, Gela, Roma e Napoli. Tuttavia, Miano ha fermamente negato di aver causato danni ai sistemi informatici istituzionali che ha violato.
Ha sostenuto che i sistemi erano già vulnerabili e assimilabili a un colabrodo digitale, offrendo prove dettagliate a supporto della sua affermazione. Le indagini, condotte dalla Polizia Postale e coordinate dalla Procura di Napoli, hanno portato alla formulazione di accuse gravi nei suoi confronti.
I magistrati coinvolti nel caso, tra cui il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Claudio Orazio Onorati e Mariasofia Cozza, hanno contestato a Miano i reati di accesso abusivo e aggravato a strutture informatiche e di diffusione di malware e software dannosi. L’indagine ha messo in luce la fragilità della cybersicurezza delle istituzioni coinvolte e il grave rischio che tali violazioni informatiche possono rappresentare per la sicurezza nazionale e la protezione dei dati sensibili.