La Porta di Parmenide, giovedì 27 al Maschio Angioino.

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Giovedì 27 luglio saremo davanti alla Porta di Parmenide. Aprirla non è semplice, ancora più difficile è varcarla. C’è sempre una porta dove entrare e scoprire la vera via della libertà e saperla vivere. Si può sbattere la porta, sprangare, spalancare, accostarla, lasciarla aperta, sfondarla. A ogni gesto un moto dell’animo e una relazione. C’è chi rimane fuori, chi non riesce a uscire. Le porte sono tante, per metafora e per confini, sono una dietro l’altra. Ogni stanza stanza ha la sua porta. Su quella di casa il nome indica la legge della sua ospitalità.

La Porta di Parmenide è la porta della filosofia che apre sulla “pianura dell’essere” dove la giustizia spiega la via verità. C’è poi la porta di Kafka, quella di Nietzsche, porte chiuse e girevoli, ci sono anche le monadi senza porta e finestre, c’è Cristo che si dichiara porta e c’è la porta dei cieli.

Ogni altro è per ognuno una porta sulla vita. E per ognuno c’è una porta che non sempre si riesce ad aprire. Bisogna lasciarla aperta la porta perché vi entri la vita o bisogna rinchiuderla perché non abbiano accesso gli altri che siano i rifugiati e i disperati?

La porta della mia Città si affaccia sullo scarto tra ciò che è istituzionale e ciò che è sociale. Il disagio di abitarla è anche la via accidentata sulla quale si trovano pietre preziose di risposte per una comunità sociale in una società comune.

Fin qui i filosofi sono rimasti davanti alla porta della Città per esserne custodi, spiegando come la libertà è tra la giustizia e la verità. È il momento questo di entrare lasciando l’arco del passaggio aperto a chi viene per stare insieme e dialogare, in cammino sulla via delle voci che risuonano alle parole del bene comune. Ogni porta ha il proprio suono come il tasto che a toccarlo apre la sua nota all’armonia. L’Aperto, infine, è senza Porta. (Giuseppe Ferraro)

 

Filosofia Fuori le Mura è una pratica educativa sui luoghi d’eccezione, sui confini interni alla città, confini di voci, escluse o recluse e perdute. Affinché le aule saranno le piazze, i larghi, le scale, luoghi d’incontri e di parola fatti di relazioni. Riprendersi la Città è ritrovarsi, abitarla dei legami che la sostengono e la liberano. Fare della Città una Scuola e ritrovarne i sentimenti.

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