di Gerardo Sano
Il lavoro, soprattutto quello che non c’è, catalizza l’attenzione nel dibattito politico quotidiano.
Gli ultimi dati sull’occupazione del mese di ottobre, gettano benzina sul fuoco sul già incandescente scontro politico sindacale intorno alla legge di riforma del mercato del lavoro.
La questione delle regole del mercato del lavoro non servirà a molto per invertire la sempre più negativa situazione dell’occupazione in Italia certificata dall’Istat.
La scommessa del Governo di risollevare la disastrosa stagnazione economica nazionale e conseguentemente contribuire a diminuire il tasso di disoccupazione nazionale attraverso la riforma del mercato del lavoro è destinata a fallire.
I dati sulla disoccupazione ad ottobre sono impressionanti, “3 milioni 410 mila” pari al 13,2%, dati che ci riportano al 1977, è da allora che non si registrava un numero di non occupati così alto.
Chi come me ha una certa ha vissuto quegli anni, ricorda bene il caos sociale che attraversò la nostra nazione. La somiglianza con quegli anni, che ci impongono i risultati dell’Istat, dovrebbe far riflettere la classe dirigente, se mai ve ne fosse una, della pericolosità del sempre crescente malessere di larghi strati della popolazione.
Soffiare sul fuoco della disperazione, ignorare le tante, troppe situazioni di disagio, non ci porterà a superare la crisi, ma rischia di innestare disordini, dei quali qualche avvisaglia si comincia ad intravedere.
Non si può continuare a raccontare un’Italia che non c’è, non si può scherzare con i numeri come fa il Poletti di turno. Il Ministro del Lavoro ha ha avuto il coraggio di affermare che i dati dell’Istat sarebbero incoraggianti. Con quale faccia tosta, si può affermare che in fondo ci sono segnali positivi, basti pensare ai 122.000 nuovi occupati nel trimestre.
L’esponente del governo Renzi omette di dire che a sono molti di più quelli che il posto di lavoro lo hanno perso in questo ultimo trimestre.
Il dato sul numero totale degli occupati totali ad ottobre, secondo l’Istat, ha subito un ulteriore diminuzione: meno 55.000.
Un trend di diminuzione dell’ occupazione costante durante tutto l’anno, aggiunta alla moria di partite iva, che traccia un quadro devastante dell’economia nazionale.
I messaggi di ottimismo comunicativi del premier non bastano più, la realtà dei numeri, certificati dall’Istat, descrivono un’altra Italia.
Gerardo Sano