Monaldi, i genitori dei bambini trapiantati scrivono al Ministro Grillo.

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“Il ministro ci aiuti a riprendere il nostro ruolo di mamme, a poter combattere la nostra battaglia con dignità senza doverci costituire ogni giorno parte sociale per ottenere il minimo che ci sarebbe dovuto”. Il Comitato dei genitori dei bimbi trapiantanti scrive al ministro della Salute, Giulia Grillo, dopo il sopralluogo effettuato nell’ospedale Monaldi dell’Azienda dei Colli.
E’ in questa struttura che era presente un centro trapiantologico pediatrico di eccellenza, prima di andare incontro a numerose difficoltà dovute, come hanno sempre evidenziato i genitori del Comitato e come accertato, lo scorso anno, anche dal Ministero, da “una relazione conflittuale tra due responsabili che rende impossibile la collaborazione”.
Nel frattempo, Federconsumatori nazionale, che segue la vicenda dei piccoli trapiantati insieme con i loro genitori, ha presentato denuncia contro i vertici dell’Azienda dei Colli per “comportamento scorretto”.”Non vogliamo controllare delibere sui siti, sederci ai tavoli in riunioni in cui continuano a ripetere di star tranquille perché si sta andando verso una soluzione – scrivono -. Dopo quattro anni di battaglia, ci ritroviamo a dover mendicare l’attuazione di un modello organizzativo-funzionale deliberato dall’azienda già tre volte ed ancora inattuato, ci ritroviamo a discutere di dove essere ricoverati perché non possiamo più entrare nel reparto a noi dedicato dove non sono graditi gli esperti che ci hanno seguito per anni”.L’auspicio delle mamme e dei papà del Comitato dei genitori dei bimbi trapiantati è di “rivedere presto il ministro” e ringraziano Grillo perché “per la prima volta dopo anni in cui denunciavamo il disagio e la disperazione della nostra situazione, un rappresentante delle istituzioni è intervenuta in prima persona e poi inviando una ispezione per verificare lo stato effettivo dei fatti”. “Dobbiamo entrare in ospedale – spiegano – sapendo che ci viene garantita una assistenza quasi volontaristica dagli operatori che continuano a lavorare in una dimensione organizzativa precaria”. “Ministro, non siamo altro che mamme e papà, veniamo da luoghi diversi, facevamo cose diverse, ma abbiamo in comune 2 cose – raccontano -. Siamo stati costretti ad associare la parola morte ai nostri figli e a combattere una terribile guerra per la sopravvivenza insieme a loro, cercando di mantenere forza e sorriso per abbracciare le loro paure ed il loro dolore, e purtroppo non sempre abbiamo vinto la guerra contro la morte”. “Siamo stati catapultati in un mondo che non ci appartiene di incontri, contrattazioni, politica, leggi, costrette a mettere in piazza il nostro dolore e le nostre paure – proseguono – pur di non perdere la speranza di garantire adeguata assistenza e sopravvivenza per i nostri figli e perché chiediamo che i nostri angeli, chi non ce l’ha fatta, non siano morti invano oltre che ingiustamente”. “Siamo un’unica grande famiglia, ogni storia meriterebbe una narrazione, sono tutte storie di amore, coraggio, paura, disperazione, dolore e speranza – concludono – Le abbiamo condivise quotidianamente tra lunghi ricoveri, improvvisi peggioramenti, controlli ed esami”. (ANSA)

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