“Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire.
Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili”. Con questa invocazione l’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, ha terminato l’omelia pronunciata nel corso della cerimonia di apertura del XXXI Sinodo della Chiesa di Napoli.
“Qualcuno potrebbe stupirsi del fatto che ho scelto di indire il Sinodo proprio all’inizio del mio servizio episcopale, e farmi notare che molti pensano a questo strumento ecclesiale solo verso la fine del proprio ministero episcopale. Tuttavia, ho preso questa decisione perché, dopo aver ascoltato tantissimi preti, religiosi e laici, ed essermi reso sempre più conto della necessità del superare l’individualismo per riscoprire la bellezza dell’essere comunità, desidero porre il mio stesso ministero di Vescovo al servizio di questo processo comunitario di cui il Sinodo è solo l’inizio”, ha detto ancora l’arcivescovo che si è si rivolto sia ai laici che ai religiosi.
E parlando, in particolar modo, ai presbiteri ha aggiunto: “Vedete, tocco con mano ogni giorno la bellezza del vostro operare ma raccolgo anche la stanchezza e la solitudine dell’isolamento che appesantisce il cammino. Vi prego: lasciamoci raggiungere dalla chiamata del Signore, dal suo invito al rinnovamento evangelico! Abbandoniamo le logiche divisive, le fazioni partitiche, il sottobosco della mormorazione nascosta. Rifiutiamo nel segreto del cuore ogni ambizione umana, rifuggendo la tentazione di camminare isolati come battitori solitari e riscopriamo la bellezza di sentirci un unico corpo in cui la diversità è ricchezza, la differenza d’opinione è preservazione dall’assolutismo dell’io, in cui il dialogo rispettoso e la parresia evangelica disarmano la denigrazione, la triangolazione, il pettegolezzo. Tutte cose che fanno male alla causa del Vangelo, che rendono meno credibile il volto della Chiesa ma che soprattutto feriscono il cuore di chi le pratica e di chi le subisce”. (ANSA).