Luigi Tommasino sarebbe stato in rapporti stretti con con Sergio Mosca, suocero di Pasquale d’Alessandro, fratello di Vincenzo, capo dell’omonimo clan di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli che decise di ucciderlo perché spendeva indebitamente il nome del clan.
Sarebbe questo il movente che – secondo la DDA di Napoli – ha determinato l’omicidio, in un agguato scattato in pieno centro nel pomeriggio del 3 febbraio 2009, del consigliere comunale del Partito democratico, Luigi Tommasino, ucciso in auto, mentre era in compagnia del figlio all’epoca 15enne.
Il gip di Napoli Marco Giordano, che ha emesso l’ordinanza con la quale vengono formalizzate nuove accuse a sei persone, alcune già detenute, tra cui figurano anche i presunti mandanti di quell’efferato omicidio, sottolinea, insieme con la Procura di Napoli, i legami “a doppio filo” tra Pasquale D’Alessandro e Luigi Tommasino, detto Gino.
Per gli inquirenti – i carabinieri di Torre Annunziata e la DDA (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Sergio Ferrigno) a ordinare l’omicidio Tommasino sarebbero stati il capoclan Vincenzo D’Alessandro e Sergio Mosca. Gli esecutori materiali sono stati già tutti individuati e condannati per quel brutale assassinio: si tratta di Renato Cavaliere, Raffaele Polito, Salvatore Belviso e Catello Romano.
I collaboratori di giustizia, tra cui figurano Belviso e Polito, per esempio, indicano i mandanti. Proprio Belviso descrive nei minimi particolari le azioni del commando e anche il movente: “Mosca Sergio ha dato l’ordine di uccidere Tommasino Luigi direttamente a me e, nel darmelo, mi ha detto che Tommasino era una persona che, essendo diventata politicamente importante grazie all’appoggio del clan D’Alessandro, non aveva rispettato gli impegni prendendo le distanze”.
Polito ha anche fatto riferimento, durante le sue dichiarazioni, che le ragioni dell’omicidio erano da ricondurre a una presunta sottrazione di denaro, 30mila euro. Un’informazione che afferma di avere avuto da Belviso. A dare l’ordine sarebbe stato Pasquale Mosca (che inizialmente voleva solo ferirlo alle gambe) al quale il capoclan Vincenzo D’Alessandro non si è opposto (“è meglio che lo uccidiamo proprio, ce lo leviamo davanti”).
“L’arresto dei mandanti dell’omicidio del consigliere comunale del Pd, Gino Tommasino, aprono uno squarcio inquietante sui rapporti tra una certa area politica e la criminalità organizzata, a Castellammare di Stabia. Noi restiamo garantisti affidandoci al prezioso lavoro di magistratura e forze dell’ordine, ma allo stesso tempo aspettiamo con ansia che sulla vicenda intervengano con forza e non con le solite dichiarazioni di facciata, anche il candidato sindaco di centrosinistra e il suo paladino della legalità, quel professionista dell’anticamorra sempre pronto a lanciare strali contro il malaffare quando si tratta di inchieste che riguardano soggetti non di sinistra. A loro ricordiamo che la battaglia contro la camorra non ha colore politico e che va combattuta sempre e comunque, e che la pulizia e la trasparenza devono essere pretese prima in casa propria, a Castellammare come a Cercola, dove è stato registrato un altro imbarazzante silenzio. Questa volta a fare scena muta, un altro ‘vigile’ censore a tempo che non mi sembra sia intervenuto sull’arresto – per compravendita di voti alle elezioni del 2023 – della figlia di un boss ergastolano, già condannata per associazione mafiosa e interdetta dai pubblici uffici, all’epoca dei fatti rappresentante di lista di Europa Verde”. Lo afferma Severino Nappi, capogruppo della Lega nel Consiglio regionale della Campania.