A due anni dalla sottoscrizione, il bilancio dell’esperienza per il Parco, il Tribunale e l’UIEPE è più che positivo. Sinora sono venticinque gli imputati inseriti in attività di pubblica utilità. Ciò si è reso possibile grazie all’istituto della ‘messa alla prova’ (art. 168 bis c.p.), che consente a chi abbia commesso reati di limitata gravità di sospendere il procedimento penale e di “mettersi alla prova” – appunto – svolgendo una prestazione non retribuita di pubblica utilità, al termine della quale, se l’esito è positivo, il reato viene estinto.
La convenzione – la prima stipulata in Italia da un Parco archeologico, su iniziativa dell’allora Direttore del Parco, Massimo Osanna e del Presidente del Tribunale di Torre Annunziata Ernesto Aghina; vi hanno poi fatto séguito altre sottoscrizioni in altrettanti siti culturali – dura cinque anni ed è rinnovabile. Essa permette l’acquisizione di prestazioni lavorative funzionali ad un utile pubblico in un contesto di peculiare valenza culturale: circostanza che dovrebbe auspicabilmente accentuare la finalità rieducativa della pena prevista dalla Costituzione.
Le persone accolte al Parco sono state assegnate ad attività di vario genere, nei diversi uffici (biblioteca, personale, comunicazione e, in particolare, manutenzione del verde) e nei vari siti archeologici di competenza (Pompei, Stabia, Boscoreale, Oplontis). La procedura di attivazione dei lavori di pubblica utilità prevede una richiesta formale al Parco da parte degli avvocati per i loro assistiti, un colloquio conoscitivo per definire competenze, titolo di studio e attitudini in vista dell’assegnazione all’ufficio e al tutor di riferimento, l’attivazione delle assicurazioni INAIL e al termine delle attività una relazione di esito, relativa al lavoro svolto e alla condotta mantenuta. Il tutto in accordo con l’UIEPE (Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna) per la Campania che affianca e supporta il Parco nelle varie fasi.
Coloro che hanno già terminato il percorso hanno altresì concluso positivamente anche il loro iter giudiziale. Pochissimi i casi di rigetto o sospensione delle candidature al Parco.
“Questo progetto si sta confermando quale iniziativa di grande valore per la comunità. – dichiara il Direttore generale, Gabriel Zuchtriegel – Considerato il breve tempo di permanenza presso le nostre strutture, che prevede non più di 4 ore a settimana per 6 mesi o un anno al massimo, abbiamo riscontrato un grande coinvolgimento nelle attività proposte. In particolare, nei lavori all’interno dell’area archeologica, come nel caso della manutenzione del verde e dunque a più diretto contatto con il patrimonio culturale, c’è stato un riscontro particolarmente concreto sia nel contributo reso, che nella partecipazione. Questo ci fa piacere perché dimostra quanto la cultura, attraverso le istituzioni museali, può avere un ruolo importante nelle attività di rieducazione e riabilitazione sociale, ma anche semplicemente di avvicinamento al patrimonio culturale. “
“L’applicazione del lavoro di pubblica utilità quale sanzione sostitutiva della pena – dichiara il Presidente del Tribunale di Torre Annunziata, Ernesto Aghina – costituisce una novità legislativa ormai affermatasi nel sistema processuale penale che coniuga alla riduzione del ricorso alla pena carceraria la possibilità per il condannato di responsabilizzarsi e risocializzarsi, garantendo al contempo alla collettività la percezione di un concreto “vantaggio” sociale.
Prestare attività lavorativa all’interno dei siti archeologici del circondario consolida la tendenza di avvalersi dell’arte nella rieducazione carceraria, esportandola anche al di fuori degli istituti penitenziari.
I siti archeologici interessati hanno indubbiamente una propria identità irripetibile e universale, ma essi sono anche e soprattutto riconoscibili ed identificabili nella loro valenza simbolica.
Rieducare nella bellezza può costituire lo slogan per caratterizzare “i nuovi giorni di Pompei”.
“La bellezza e gli oppressi”. L’esperienza della convenzione per i lavori di pubblica utilità tra il Tribunale di Torre Annunziata e il Parco archeologico di Pompei – dichiara il Direttore dell’UIEPE per la Campania, Claudia Nannola – anche simbolicamente ci evoca che sperare nella bellezza permette di sondare lo spazio del cambiamento possibile, allargando le prospettive sul reato, sulla pena e sul concetto stesso di fare giustizia e così dare uno sguardo più lungo e aperto sulla funzione del servizio pubblico. Ecco il punto di incontro tra mondi apparentemente lontani: la giustizia, per incrementare la sua capacità di dare un senso ai percorsi penali, deve interessare la comunità, in un’osmosi di reciproca utilità, in modo che la ricaduta di benessere possa estendersi a tutta la cittadinanza. D’altronde la stessa Carta Costituzionale impone di immaginare e sperare e quindi tendere, verso un mondo migliore.”