dalla nostra lettrice Maria Rosaria Annnunziata riceviamo e pubblchiamo
Condivido un’esperienza molto difficile vissuta da mio figlio Marco, un ragazzo disabile di 25 anni, che lo scorso 20 giugno ha cominciato a manifestare i sintomi del Covid e, dopo una settimana, è stato ricoverato all’ospedale Cotugno di Napoli con una diagnosi di polmonite batterica e versamento pleurico, conseguenza dell’infezione da Sars Covid-19.
Aggiungo che Marco, e tutta la nostra famiglia, aveva ricevuto tre dosi di vaccino.
Abbiamo trascorso diciannove giorni nel reparto di terapia semintensiva Covid – Settore G4 – diretto dal prof. Giuseppe Fiorentino.
Sebbene io non abbia competenze mediche, sento di poter affermare che se mio figlio
non fosse stato ricoverato presso il Cotugno e presso il reparto del prof. Fiorentino forse oggi non sarebbe a casa con la sua famiglia, in fase di recupero e costante miglioramento.
Siamo stati accolti, accuditi, curati – ero anch’io positiva al Covid anche se con sintomi minori – con dedizione, affetto e grande professionalità.
Dire ‘grazie’ in questa vicenda non è, e non deve essere, sottinteso e non è neanche un atto dovuto, bensì un impulso del cuore, perché per una madre non c’è amore più grande di un figlio, amore che si estende a coloro che di quel figlio si sono presi cura con umanità e professionalità.
Grazie ai medici, agli infermieri, ai fisioterapisti, agli OSS, alle addette alle pulizie – vorrei citarli tutti per nome ma sarebbe un elenco molto lungo – persone che per tre settimane hanno riparato i pezzi di un ragazzo che stava male e non sapeva esprimere dove, come o quanto.
E hanno riparato le mie ansie e le mie paure, dandomi la forza e la tranquillità che mi hanno permesso di stare accanto a mio figlio con serenità e trasmettergli la fiducia e la forza necessarie alla guarigione.
Cito un solo nome in rappresentanza di tutto il gruppo di persone che si sono prese cure di noi, il dott. Mollica, che con grande calma e dolcezza ci ha via via informati dei problemi risolti e dato forza e coraggio.
Sebbene i napoletani siano spesso portati alla critica verso la propria città, verso le proprie istituzioni e la propria comunità, forse per una vena pessimista, assecondando stereotipi rozzi che andrebbero invece messi a nudo e smontati, ci sono esperienze che sono incontrovertibilmente positive e verso le persone che, per la loro competenza e umanità, le hanno rese tali non si può non provare stima, riconoscenza e affetto.
Abbiamo vissuto un’esperienza traumatica ma siamo stati accolti da un grande ospedale, un’eccellenza medica e umana, luogo di cura e accoglienza, come dovrebbero essere tutti i luoghi di cura e di assistenza sanitaria in qualsiasi posto del mondo.
E’ l’ospedale Cotugno, ed è a Napoli.