Spiaggia Palazzo Donn’Anna, il Tar: cancelli aperti, bene pubblico

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da Mare Libero

“La pubblica amministrazione non può privare i cittadini -di qualunque fascia di età e condizione sociale- di godere del bene pubblico spiaggia (interesse costituzionalmente rilevante) contingentandone l’accesso giustificandosi con paventati timori per l’ordine pubblico per la cui tutela esistono tuttavia strumenti diversi (e.g. presidi delle forze dell’ordine).

Senza eccedere in esaltazioni di sorta in quanto non si tratta di celebrare nulla ma solo di riconoscerne l’ importanza vista la materia in cui sono intervenute e la solidità argomentativa espressa, possiamo senza ombra di dubbio affermare che le due ordinanze gemelle depositate il 30 Luglio dal Tar Campania -Napoli-, VII sezione (n. 14981499), rappresentano uno scollinamento irreversibile, un punto di non ritorno in tema del riconoscimento giurisdizionale del libero esercizio del diritto di tutti noi di godere gratuitamente e liberamente del bene demaniale spiaggia e di conseguenza del mare bene come che come sappiamo è catalogato come “res communes omnium” (bene comune di tutti).

L’ antefatto dei due procedimenti era rappresentato da due ricorsi depositati dall’ Avv. Bruno De Maria per conto di Mare Libero APS, e di attivisti e attiviste dei comitati Mare Libero Napoli.

L’oggetto del contendere verteva sul contingentamento degli accessi alle spiagge libere di “Palazzo Donn’Anna” e delle “Monache” in località Posillipo e sulle relative modalità tecniche esecutive (obbligo di passaggio dai cancelli degli stabilimenti balneari limitrofi con l’  ausilio del personale degli stessi ; limiti agli accessi per numero e per orari; obbligo di accompagnamento minori; sistema di prenotazione online) deliberato dall’ Autorità di Sistema Portuale Mar Tirreno Centrale in accordo  con il Comune di Napoli per generici motivi attinenti alla “necessità di garantire condizioni di fruizione in sicurezza dell’arenile pubblico, ad accesso libero e gratuito, a causa del sovraffollamento”.

Il collegio partenopeo con le due ordinanze “gemelle” ha condensato alcuni principi di diritto in tema di demanio marittimo che da ora in avanti risulteranno imprescindibili per tutte le future pronunce che avranno a cognizione detta materia viste le argomentazioni logiche e l’autorevolezza delle fonti da cui esse hanno attinto, sia come precedenti giurisprudenziali che come atti normativi.

 

Esso, richiamati i principi e le norme vigenti nella materia in discussione (già ribaditi in precedenti pronunce della Sezione), si è soffermato in particolare sul fatto che:

la giurisprudenza da tempo ha sancito la riconducibilità del demanio marittimo alla categoria dei beni pubblici il cui libero godimento afferisce alla tutela della personalità umana e del suo corretto svolgimento nell’ambito dello Stato sociale, con “l’esigenza interpretativa di “guardare” al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale – proprietaria per approdare ad una prospettiva personale – collettivistica”, alla luce degli articoli 2, 9 e 42 della Costituzione. (Sezioni Unite civili, sentenza n. 3665 del 2011; in termini, ex multis, Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza n. 2543 del 2015; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, sentenza n. 990 del 2022);

il Legislatore stesso ha più volte affermato la necessità di garantire il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia ai fini di balneazione anche in caso di arenile dato in concessione (articolo 03, comma 1, lettera e, del decreto-legge n. 400 del 1993, convertito in legge n. 494 del 1993; articolo 1, comma 254, della legge n. 296 del 2006; articolo 11, comma 2, della legge n. 217 del 2011; articolo 4, comma 2, della legge n. 118 del 2022);

le pubbliche Amministrazioni << non possono giustificare la scelta di adottare un provvedimento che riduce sostanzialmente per i privati, il godimento di un bene connesso a un interesse di rilevanza costituzionale, anziché farsi carico, con gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, di individuare le modalità con cui la fruizione del mare possa essere accessibile a tutti, garantendo contemporaneamente la tutela del paesaggio e dell’ambiente”;

Infatti vengono bocciate senza mezzi termini le motivazioni (banali) che accompagnavano l’ adozione dei provvedimenti restrittivi; << non viene chiarito se i rischi per la sicurezza derivino dalla conformazione fisica della spiaggia, nel qual caso analoghe necessità si porrebbero per le porzioni di litorale date in concessione, ovvero da timori per l’ordine pubblico, per la cui tutela esistono tuttavia strumenti diversi (e.g. presidi delle forze dell’ordine)“>>

Non solo: i giudici partenopei si spingono oltre “codificando” un principio sul quale da tempo la nostra  associazione si propone di diffonderlo per la sua valenza sociale e politica al di là della connotazione  (importante, fondamentale ma non dirimente)  giuridica: <<  i provvedimenti che limitano l’accesso alle spiagge libere penalizzano proprio le fasce più deboli della popolazione: le famiglie numerose, le persone che non hanno accesso alle tecnologie; gli anziani e i bambini, che non possono stare in spiaggia nelle ore più calde; i minori di età, precludendo loro l’accesso alla spiaggia libera pure se già in età per circolare o persino viaggiare da soli>>.

Il giudice amministrativo, con questa una interpretazione costituzionalmente orientata alla funzione sociale dei beni pubblici ha imposto ai due enti deliberanti di riesaminare, in coerenza con i principi espressi, nel termine di 15 giorni le due delibere limitative dell’accesso contingentato alle spiagge libere di Palazzo Donn’Anna e delle Monache.

Da ora in avanti sarà di fondamentale importanza esportare i principi espressi in queste pronunce nella più ampia tematica della disciplina dell’utilizzo degli arenili, materia che come sappiamo, questa sì, di competenza esclusiva delle regioni e degli enti territoriali locali. Solo con l’adeguato e corretto equilibrio pianificatorio a livello comunale tra la modalità libera (che dovrebbe costituire la regola) e la modalità concessoria (che invece dovrebbe rappresentare l’eccezione), si riconduce l’uso del bene demanio marittimo a quella che è la sua funzione ontologica: il libero e gratuito utilizzo per gli utenti del mare con “il pubblico” che ne deve garantire l’impiego in sicurezza erogando i servizi di primaria necessità come è suo compito istituzionale.

Un ringraziamento all’ avv. Bruno De Maria, a “Euplea – Cittadini a tutela del Golfo di Napoli” e in particolare al Prof. Alberto Lucarelli, giurista e ordinario di diritto costituzionale, che ci affiancano nella nostra battaglia su tutto il litorale italiano affinché venga garantito il libero e gratuito utilizzo del demanio marittimo, bene di tutti e non privilegio di pochi.

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